ROMA Un nuovo scontro. Probabilmente non sarà l’ultimo in casa Cgil. Nella circostanza è la legge sulla rappresentanza a dare fuoco alle polveri tra la Fiom e i vertici della confederazione anche se la miccia era già stata accesa all’indomani dell’accordo interconfederale. Il leader delle tute blu Maurizio Landini chiede di sospendere il congresso previsto per il 6, 7 e 8 maggio a Rimini e avviare una «consultazione seria» sugli accordi, senza la quale l’appuntamento plenario rischierebbe di «degenerare». Pronta la replica di Susanna Camusso: «La discussione al direttivo è stata fatta e il direttivo ha deciso che il congresso continua e che nella assemblee si discuterà». Che non vuol dire un rinvio del meeting di maggio, ma più semplicemente che saranno possibili solo pit stop in grado di produrre eventuali correttivi all’intesa. Perentoria e chiarificatrice la dichiarazione del segretario generale della Fisac-Cgil, Agostino Megale: «Landini si attenga alle decisioni del direttivo, i lavoratori, più che le polemiche dei dirigenti, pretendono serietà e responsabilità». Oltre tutto la macchina congressuale è già partita. «Ci sono milioni di giovani precari - denuncia Landini - che non vi si riconoscono e la risposta che diamo è quella di chiudersi? Non abbiamo imparato abbastanza da quello che è accaduto con la politica? La freddezza e l’indifferenza dei lavoratori nei nostri confronti è la nostra morte. Ed è evidente che nella testa di chi lavora in fabbrica il congresso della Cgil non sia il primo pensiero. Vogliamo una risposta subito». Quell’accordo, secondo il leader Fiom, deve essere ritirato in attesa che i lavoratori si pronuncino: «Sarebbe un errore grave non fermare la macchina, siamo di fronte a un cambiamento della natura stessa dell’organizzazione anche se non in discussione il segretario generale».