«In questo modo non è possibile andare avanti con il congresso: va fermato, si deve ritirare la firma e sottoporre l’accordo sulla rappresentanza al voto dei lavoratori. Sono state violate le regole fondamentali di democrazia sancite dallo Statuto della Cgil, e io chiedo che vengano rispettate». Maurizio Landini è netto: da due giorni ripete (a un’assemblea a Firenze, e ieri a Reggio Emilia) che serve una pausa, che Susanna Camusso deve ascoltarlo. Ma la segretaria Cgil per ora non cede: per lei l’intesa siglata con Cisl, Uil e Confindustria il 10 gennaio scorso è chiusa, e anzi «apre una nuova stagione». I due si sono incrociati ieri al congresso di Sel, a Bologna, ma i rapporti sono gelidi.
La minoranza del Pd accusa Matteo Renzi di «gestione padronale» del partito. Si può dire una cosa del genere anche per Camusso e la Cgil?
Io vedo una gestione autoritaria, quando si firma un’intesa che prima non è stata discussa con organi dirigenti e categorie. E adesso non c’è spazio per furbizie. Lo Statuto della Cgil lo dice chiaro: i lavoratori devono poter votare sull’accordo.
Ma perché chiedere di sospendere il congresso?
Il congresso ha le sue regole: discute strategia, documenti ed emendamenti. Qui parliamo di un’altra cosa: la firma di un accordo, che i lavoratori devono poter conoscere e votare. Non sto chiedendo cioè una discussione politica sull’intesa, una conta al congresso. Voglio appunto dividere le due cose, e per quello chiedo una sospensione.
Se fu messo al voto l’accordo del 28 giugno, perché non farlo anche con questo?
Perché altrimenti tutto rischia di concentrarsi solo su questo tema: faccio solo notare che gli attivi che sto svolgendo in questi giorni nelle fabbriche avanzano l’idea di chiedere il ritiro della firma e la consultazione mediante emendamenti.
Camusso appunto replica che il 28 giugno si è già votato, e che il 10 gennaio si è solo fatto un regolamento attuativo.
Non è vero che siamo davanti solo a un regolamento attuativo: questo è un testo nuovo, e già si vede dal fatto che si chiama «Testo unico», cioè riunisce documenti negoziali del passato e li sostituisce tutti. Ma soprattutto sono state aggiunte novità che prima non c’erano, o meglio che erano demandate alla contrattazione delle categorie.
Quali sono queste novità?
Innanzitutto le sanzioni. Poi l’arbitrato, che cancella l’autonomia delle categorie, su cui giudica un collegio formato da confederali e imprese. È cambiato il rapporto tra Rsu e sindacati nel fare la contrattazione aziendale, e si è affermato che gli accordi aziendali non devono essere votati dai lavoratori. Vorrei ricordare che la Cgil non firmò l’accordo del 2009, quello che apriva la discussione sul modello contrattuale, per 5 ragioni: era contro l’arbitrato, le sanzioni e le deroghe; non era previsto il voto per i lavoratori e si introduceva l’Ipca, indice che riduce i salari.
Le sanzioni sono così gravi?
La Cgil nella sua storia non è mai arrivata a sanzionare i delegati. Nell’accordo si parla di sanzioni pecuniarie e sui diritti sindacali, quindi si inibisce gravemente la loro attività.
Possono esserci lesioni dei diritti costituzionali?
Non sono un costituzionalista, e su questo vedremo: ma faccio presente che la libertà sindacale è tutelata dalla Costituzione. E io la vedo messa a rischio almeno in un punto di quell’intesa: quando si dice che se non sei iscritto a Cgil, Cisl e Uil, e non accetti le regole di elezione delle Rsu, le sanzioni e l’arbitrato, allora non puoi partecipare alle elezioni dei delegati. Questa è obiettivamente la limitazione di un diritto che è in capo al singolo, quello appunto della libertà sindacale, a opera di organizzazioni private, sindacati e associazioni di impresa, che si fanno proprietarie di quel diritto.
Ma ora che c’è l’accordo serve ancora una legge?
Cisl, Uil e Confindustria adesso dicono che non c’è bisogno di nessuna legge sulla rappresentanza, e la Cgil ha firmato quel testo, in cui l’esigenza di una legge non viene citata. Al contrario di quanto era scritto, invece, negli accordi del ’91 e ’93. Questo fatto mi preoccupa: io credo che la legge debba essere fatta, proprio perché il lavoro ha bisogno di democrazia.
Cosa succederà adesso se la Cgil non accetta questo appello della Fiom?
La Fiom ha già detto che se non ci sarà la consultazione degli iscritti, come prevede lo Statuto, noi non ci sentiremo vincolati ad applicare l’accordo.
Aumenterà la conflittualità nelle imprese?
Questo lo vedremo insieme ai lavoratori.
Ha ancora senso la permanenza di Landini nel documento di maggioranza del congresso? Camusso riceverà la fiducia per la rielezione?
La mia permanenza ha senso eccome: nella premessa del documento di maggioranza si cita proprio l’esigenza di una legge per riportare la democrazia nei luoghi di lavoro. Sul resto, ci sono altri passaggi prima: io non ho mai messo in discussione il segretario generale, né chiedo un voto su di lei. Ma il voto sull’accordo, quello sì, lo chiedo.