PESCARA Il 4 febbraio tredici big della Regione, con in testa i due presidenti, quello della giunta, Gianni Chiodi, e quello del consiglio regionale, Nazario Pagano, sfileranno davanti ai magistrati Bellelli e Di Florio che conducono l'inchiesta Rimborsopoli. Quella sugli indebiti rimborsi chiesti ed ottenuti da 25 politici finiti sotto inchiesta con le accuse, a vario titolo contestate, di peculato, truffa e falso ideologico. Nella stessa giornata i due pm interrogheranno anche Mauro Febbo, Gianfranco Giuliante, Luigi De Fanis, Emilio Nasuti, Nicola Argirò, Lanfranco Venturoni, Mauro Di Dalmazio, Alfredo Castiglione, Paolo Gatti, Carlo Masci e Angelo Di Paolo. Saranno chiamati a difendersi da quella serie di cene, pranzi, pernottamenti in Italia e all'estero ai quali avrebbero partecipato anche persone al di fuori delle istituzioni: amici e qualche volta, forse, amanti, tutti a carico della Regione anche se dai documenti contabili figurerebbe che pasti e pernottamenti erano per una sola persona, vale a dire il politico di turno, mentre a goderne erano altri soggetti completamente estranei alle istituzioni e che nulla avevano a che fare con quel viaggio.
IL VIAGGIO A WASHINGTON
Ieri il governatore Chiodi ha sferrato il prevedibile contrattacco contestando le accuse a lui rivolte e spiegando, ad esempio, con tanto di bonifico in mano, che quel biglietto in business class intestato alla moglie per il viaggio istituzionale a Washington (dove tutti gli altri funzionari viaggiarono in economy class al costo di 700 euro) sarebbe regolare e pagato da lui. Dovrà però spiegare anche ai magistrati, che agli atti hanno un voluminoso dossier elaborato dai carabinieri, con tutte le testimonianze di albergatori, titolari di ristoranti e di agenzie di viaggio, perché quel biglietto intestato alla moglie venne pagato con la carta di credito della Regione (per 2.872 euro) mentre quello intestato a lui non venne pagato subito, anche se rilasciato contestualmente. Forse perché il plafond delle carte di credito regionali arriva a 5mila euro e dunque non c'era la copertura necessaria. Ma soprattutto dovrà spiegare perché chiese in Regione il rimborso per entrambi i biglietti, per ovvi motivi negato dagli uffici contabili, e dunque fu costretto a pagarlo lui. Ma lo fece dopo ben sette mesi e dopo le sollecitazioni dell'agenzia di viaggi. E poi il pranzo al ristorante Vecchio Porco, per 227 euro, intestato soltanto a lui anche se mangiarono in cinque, stando alla testimonianza del ristoratore.
HOTEL E PRANZI
E così anche Pagano, quando per il pernottamento a Sanremo (900 euro per due notti per due persone) al Royal Hotel cinque stelle lusso, allegò la dichiarazione che non erano disponibili altri hotel quando invece proprio di fronte ce n'era uno a quattro stelle quasi vuoto. E sempre Pagano per ben due volte (a giugno e agosto del 2012) alloggiò nel prestigioso Hotel Monaco & Gran Canal di Venezia, sempre in compagnia, facendo figurare una sola persona così come per il pranzo. E poi nel maggio del 2011, due giorni sempre a Venezia, all'hotel Londra Palace (1.250 euro) omettendo, in sede di rendiconto, di comunicare che a godere di quei servizi pagati dalla Regione erano in due.
Le accuse sono sempre le stesse per tutti gli indagati: qualcuno per poche centinaia di euro, altri come Chiodi e Pagano per migliaia di euro, ma questo nulla toglie all'inchiesta e al presunto reato e soprattutto al fatto che a commetterlo, qualora venisse provato, è sempre un politico che dovrebbe amministrare i soldi pubblici con estrema trasparenza.
Carpineta: «E’ come l’Inquisizione»
PESCARA L'attesa è relativamente breve, perché il 4 febbraio i primi big della Regione coinvolti nell'inchiesta sui rimborsi gonfiati avranno modo di difendersi davanti ai pm Di Florio e Belelli. Ma intanto è caccia a scontrini, bonifici bancari e ricevute da accatastare sui tavoli degli avvocati per far cadere le accuse. Silenzio tombale, invece, sui dettagli «rosa» e più imbarazzanti in cui si sarebbero imbattuti i carabinieri in questa inchiesta sulle spese dei gruppi regionali partita nel 2009.
Il governatore Gianni Chiodi si rifà vivo con poche parole: «Resistiamo al tritacarne, ma sono certo che il 4 si chiarirà ogni cosa e saremo in grado di dimostrare la correttezza del nostro operato». L'assessore Federica Carpineta si affida invece al sarcasmo e posa sulla sua bacheca Facebook un dipinto del pittore genovese Alessandro Magnasco che raffigura le torture dell'Inquisizione durante il Medioevo. Poi commenta: «Penso che con il passare del tempo i metodi cambino, ma l'idea di eliminare l'avversario con qualsiasi mezzo resti purtroppo sempre attuale. Oggi la Procura di Pescara si sta comportando esattamente come un tribunale dell'Inquisizione, ma invece di tizzoni ardenti, lance e catene usa moderni mezzi di linciaggio come i giornali e i media ad essa asserviti».
GATTI E COSTANTINI
L'assessore Paolo Gatti: «Non sono molto pratico di ricevute, fatture e cose del genere. Pare di capire che avrei ricevuto rimborsi, ipoteticamente non dovuti, per alcune centinaia di euro in quattro anni. Credo di essere in grado, grazie agli uffici preposti, nonostante il tempo trascorso e l'esiguità dei rimborsi, di poter chiarire tutto». Il consigliere regionale Carlo Costantini: «Negli ultimi anni ho rinunciato a 1.100.000 euro di prebende, lasciati nelle casse di Stato e Regione. La mia situazione è speculare a quella di Cesare D’Alessandro. In un convegno nel settembre 2009 io, D’Alessandro e sua moglie cenammo in un ristorante, con conti separati e il rilascio di due ricevute da 80 euro, pagando il restante di tasca nostra, sia per la moglie di D’Alessandro che per il nostro pasto. Ora basta, ci sono ladri che danneggiano gli onesti».
Alfonso Mascitelli: «L’Idv non candiderà alcun indagato alle elezioni». Ezio Ardizzi, presidente di Confcommercio Pescara: «Un'altra ombra sulla politica abruzzese. Ma di chi dobbiamo fidarci?».