PESCARA È scaduto a mezzanotte di ieri il termine ultimo per le dimissioni dalla loro carica per i sindaci dei comuni oltre 5mila abitanti, i presidenti e gli assessori delle Province che intendono partecipare alle elezioni regionali del prossimo 25 maggio. Il provvedimento è imposto da una legge regionale approvata nel 2004. In Abruzzo lo hanno fatto un presidente di Provincia, nove assessori provinciali e due sindaci. Si è dimesso, infatti, il presidente della Provincia di Pescara, Guerino Testa (Ncd), che , subito dopo la firma, ha dichiarato: «Non è una tattica, il partito mi ha chiesto di mettermi a disposizione per le elezioni regionali o comunali». Con lui si sono dimessi gli assessori Antonio Martorella e Roberto Ruggieri. Restano in carica, invece, il presidente della Provincia dell'Aquila, l’alfaniano Antonio Del Corvo (il suo mandato al contrario degli altri scadrà nel 2015), e quello della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio (Udc), la cui Giunta, però, è decimata dalle dimissioni: hanno lasciato l’incarico gli assessori Nicola Campitelli, Daniele D'Amario, Remo Di Martino, Donatello Di Prinzio, Alessio Monaco e Mauro Petrucci. In Provincia di Teramo si è dimesso solo l'assessore Elicio Romandini. Due i sindaci abruzzesi che hanno deciso di lasciare l'incarico per partecipare alle regionali: quello di Silvi Gaetano Vallescura (Fi), che aveva firmato le dimissioni già a inizio gennaio, e quello di Giulianova, Francesco Mastromauro (Pd); guiderà il Comune di Giulianova il vicesindaco, Gabriele Filipponi. Resta in carica, invece, il sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia (Fi), che ieri si è definito il «candidato naturale», dicendosi convinto che «un sindaco uscente che con la sua squadra ha ben lavorato abbia il diritto di riproporre la propria candidatura e abbia il diritto di sottoporsi alla verifica degli elettori su ciò che ha fatto». È la legge regionale 51 del 2004, la cosiddetta legge “anti-sindaci” o “anti-D'Alfonso” (dal nome dell’allora sindaco di Pescara che “minacciava” di presentarsi alle regionali e che oggi è uno dei candidati alle primarie del centrosinistra), a stabilire i tempi per la presentazione delle dimissioni di diverse figure, tra cui i sindaci dei comuni con più di cinquemila abitanti, i presidenti e gli assessori delle Province, i ministri e i sottosegretari, i dirigenti e i dipendenti delle Regioni, i magistrati ed i prefetti. In base alla norma, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se, «non oltre novanta giorni antecedenti il giorno fissato per la presentazione delle candidature, le funzioni esercitate, la carica o l'ufficio sono cessati per dimissioni». In ogni caso, chi si è di messo ha 20 giorni di tempo per confermare la decisione, trascorsi i quali il Prefetto provvederà a nominare un commissario. Le liste devono essere presentate tra il 24 aprile e le ore 12 del 25 aprile. In questi giorni si sta discutendo in Consiglio regionale se esista l’esigenza di “ritoccare” la legge elettorale e in particolare introdurre la soglia per il premio di maggioranza in base alle decisioni della Corte Costituzionale sul “porcellum”. In Abruzzo i consiglieri da eleggere saranno 31 (29 oltre al presidente e allo sfidante sconfitto) e indicativamente 19 saranno della maggioranza vincente e 12 d'opposizione. Oggi a Palazzo dell'Emiciclo siedono 45 consiglieri.
Il presidente non si dimette: la Provincia ha bisogno di me
CHIETI «La mia non candidatura rappresenta un sacrificio per il bene della collettività. In un momento così delicato per il territorio si richiede una guida dell’ente fino all’ultimo giorno del mandato elettorale». Enrico Di Giuseppantonio (nella foto), in extremis, rinuncia alle dimissioni, necessarie per tentare la scalata al consiglio regionale. Il contrario di quanto fatto da ben sei assessori della sua giunta, Mauro Petrucci, Alessio Monaco, Nicola Campitelli, Daniele D’Amario, Donatello Di Prinzio e Remo Di Martino. Tutti orientati verso la Regione. . Di Giuseppantonio è stato nominato dai vertici nazionali dell’Udc, nei giorni scorsi, coordinatore delle fasi elettorali. Un incarico che potrebbe schiudergli le porte di una candidatura parlamentare, la vera aspirazione del presidente della Provincia di Chieti. Per nulla pentito, almeno a parole, della scelta di restare in sella all’amministrazione provinciale. Che, di fatto, è stata smembrata dalle dimissioni di più di metà della giunta in carica. «Tanti sindaci del comprensorio e molti amici» afferma Di Giuseppantonio «mi avevano chiesto di candidarmi ma non me la sono sentita. La Provincia ha bisogno ancora di me». Malgrado la legge del ministro Graziano Delrio miri a depotenziare le Province fino a farle scomparire. L’esperienza elettorale della giunta provinciale di centro destra scade a fine maggio. Quando potrebbe essere attuata la legge Delrio prossima al passaggio in Senato. «In quel caso dovrei convocare, entro trenta giorni, l’assemblea dei sindaci e dei consiglieri comunali che dovrebbero scegliere il nuovo presidente e i dodici consiglieri. C’è anche l’ipotesi di un commissariamento» spiega Di Giuseppantonio «anche se non ci sono certezze». Meglio, quindi, pensare ad amministrare considerando i problemi della provincia. Per farlo, però, occorre rimpinguare una giunta monca e che, ad oggi, non può deliberare. «Sceglierò a breve nuovi assessori» annuncia Di Giuseppantonio «per ricomporre una giunta che potrebbe avere meno interpreti del passato».