Il presidente della Corte d’Appello Schirò: «Non c’è collaborazione tra le istituzioni» Poi l’affondo: «Qualcuno prova a sostituire la legalità con l’opportunità, gli effetti si vedono»
L’AQUILA Ancora una volta i temi della ricostruzione che non decolla e i rapporti tra magistratura e politica tengono banco in occasione della cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario. Il presidente della Corte d’Appello, Stefano Schirò, ha commentato con amarezza questa situazione nell’ambito della sua relazione. Una cerimonia caratterizzata anche da due proteste: gli avvocati hanno abbandonato l’auditorium della scuola della Finanza mentre fuori c’è stato un sit-in contro la chiusura del tribunale di Sulmona caratterizzato dall’esposizione di un vistoso striscione. «Malgrado i quattro anni trascorsi dal terremoto», ha detto Schirò, «deve con amarezza constatarsi che il centro storico della città è ancora devastato e non è stato restituito ai cittadini, che sono segnati e provati da sfiducia e incertezza sul loro futuro». Il magistrato ha ricordato che lo scorso anno aveva auspicato una fattiva collaborazione tra le istituzioni per la rinascita della città e del circondario, in cui «anche l’amministrazione della giustizia intendeva fare la sua parte soffrendo essa stessa l’incertezza, la precarietà, ma a distanza di un anno, stando agli eventi che hanno caratterizzato la vita pubblica della città nei mesi passati e anche di recente, dobbiamo purtroppo rispondere che questo clima di collaborazione e di regolare operosità non si è realizzato». Poi una critica, seppur indiretta, ai politici. «Qualcuno ha provato», ha detto, «a sostituire la legalità con l’opportunità, la discrezionalità, i risultati concreti conseguiti a qualunque costo. Gli effetti li stiamo vedendo proprio qui». «All’Aquila i danni causati da metodi apparentemente rapidi ed efficaci, ma non sempre legali, sono sotto gli occhi di tutti», ha continuato Schirò. Il quale ha poi posto l’accento su due fenomeni pericolosi. Crescono, infatti, le infiltrazioni mafiose, alla luce dei tanti procedimenti della Direzione Antimafia dell’Aquila legati alla ricostruzione post-sisma e al fenomeno della tratta internazionale di extracomunitari, soprattutto nel Teramano. «Va confermato che l’Abruzzo», ha spiegato Schirò in proposito, «è una regione gravemente colpita dal fenomeno della tratta e dello sfruttamento della condizione femminile». Il presidente della Corte si è poi rallegrato per il calo delle pendenze civili. «Va comunque segnalato», ha spiegato, «che sia in Corte d’Appello che nell’insieme dei tribunali, l’obiettivo dell’inversione del rapporto tra numero di sentenze civili emesse e nuove iscrizioni, con conseguente abbattimento delle pendenze è stato conseguito». A livello di giustizia penale, nella Corte le sopravvenienze per quanto riguarda gli appelli ordinari hanno avuto un incremento del 26%, ma con un aumento delle definizioni del 9% e con il risultato che le pendenze finali hanno registrato una flessione dell’11%. Per quanto riguarda il penale, nei tribunali emerge la tendenza alla stabilità delle sopravvenienze, con un aumento della pendenza finale del 7 per cento. Nei fascicoli gip-gup, nonostante l’incremento delle nuove cause dell’11%, si registra un forte aumento delle definizioni (+34%) con un decremento del 20 per cento delle pendenze. Il tutto a fronte di piante organiche risicate per i magistrati e gli addetti alle cancellerie. Quanto alla protesta degli avvocati, il presidente dell’Ordine distrettuale dell’Aquila Carlo Peretti ha spiegato il perché. «La giustizia», ha detto, «costa troppo. I costi sono aumentati fino al 182 per cento».
Chiodi, Pagano e De Matteis assenti
Sull’onda dell’inchiesta la Regione diserta in blocco. Ma sulla scena irrompe Razzi
L’AQUILA Presi come sono, adesso, tra scontrini ed esercizi di memoria per preparare bene le risposte alle domande dei pm (uno dei quali, Giampiero Di Florio, è in platea), i politici regionali indagati nell’ambito dell’inchiesta dei pm di Pescara sui rimborsi gonfiati si tengono alla larga dall’auditorium delle Fiamme gialle di Coppito. Una sala piena piena di magistrati, e di un vero e proprio esercito di controllori di scontrini che riempiono tutti i posti, sai com’è... Restano vuote, allora, le poltrone di prima fila destinate al presidente della giunta regionale Gianni Chiodi, al presidente del consiglio regionale Nazario Pagano, al vicepresidente vicario Giorgio De Matteis. Tre delle figure al vaglio dei pm. L’unico «reduce» dell’Emiciclo è Gino Milano, consigliere seduto in quinta fila. Con l’immancabile Gianni Letta (dal quale va a «confessarsi» il sindaco rientrato Massimo Cialente), si notano, tra gli altri, il sottosegretario Giovanni Legnini, le parlamentari aquilane Stefania Pezzopane ed Enza Blundo, la rettrice Paola Inverardi, ben due vescovi (il metropolita Giuseppe Petrocchi e l’emerito Giuseppe Molinari), i prefetti dell’Aquila Francesco Alecci – che in pochi, a dire il vero, riconoscono per via del nuovo look con la barba – e di Chieti Fulvio Rocco de Marinis. Un parterre impreziosito dall’irruzione (con una mezz’ora di ritardo) del senatore di Forza Italia Antonio Razzi, a suo agio in un contesto di giuristi, che va a sedersi accanto al giudice Giuseppe Grieco. Giusto il tempo per proclamare solennemente che «questa dei rimborsi alla Regione è una bolla di sapone legata alla campagna elettorale visto che nell'inchiesta sul Comune dell’Aquila il Pd ha subìto, adesso sono passati alla Regione Abruzzo, per riequilibrare il fango. Ma io, come dice il mio amico Crozza, non credo. Mi chiedo il perché non sia stato fatto prima. Invece il vero obiettivo è quello di riequilibrare l’immagine così in campagna elettorale si è pari. Comunque mi sembra tutta una montatura». Se lo dice lui...