Il rimpasto torna in cima all’agenda e si intreccia con la riforma elettorale
Perchè Nunzia De Girolamo s’è dimessa. E Letta, come se non bastasse tutto il resto, traballa ancora di più e il rovello del rimpasto sì o rimpasto no diventa a questo punto assai incandescente ed esplosivo. Ma sapeva o poteva intuire il premier che l’epilogo sarebbe stato questo. Non sfuggivano neanche a lui, in questi giorni, le voci sempre più insistenti a proposito dell’iscrizione del ministro dell’agricoltura nel registro degli indagati per la spy-story di Benevento.
E comunque, agli occhi di Palazzo Chigi, De Girolamo era politicamente «difficile da difendere». Letta non ha tentato di fermare il ministro sull’uscio dell’esecutivo. Ben sapendo quanto terribile sarebbe stata la scena a Montecitorio, il prossimo 4 febbraio, in occasione della sfiducia chiesta dai grillini contro De Girolamo, quando a causa di Nunzia il governo avrebbe dovuto parare colpi da tutte le parti. Anche quelle ritenute amiche.
Proprio da Letta, la De Girolamo si sente tradita: «In tivvù dalla Gruber», si sfoga lei, «Enrico aveva detto che difende tutti i componenti del governo, compresa la sottoscritta». E invece, nel suo caso, niente. Ma adesso il problema è di Alfano. Il quale ieri sera ha cercato di rassicurare il presidente del consiglio: «Per noi si può andare avanti tranquillamente». Ha derubricato a vicenda personale questo caso. Ha tentato di blindare la stabilità. Dicendosi anche convinto, «me lo ha assicurato lei», che De Girolamo non tornerà nelle file berlusconiane. Il tentativo di Alfano in extremis, per evitare questo epilogo, si snoda nella telefonata che Nunzia fa al suo leader per annunciargli la decisione e lui: «Ma aspetta». Lei: «Aspettare che cosa? Una difesa che non avverrà mai?». L’amarezza è di tipo anche personale: «Con Enrico siamo amici da tanto tempo. Non mi aspettavo un comportamento così». Poi la telefonata a Letta, e finish.
LE TELEFONATE
Quelli del Nuovo Centrodestra già sono pronti a guardare avanti. Ma la loro lotta dura in favore delle preferenze dentro la legge elettorale, su cui ieri i maggiorenti alfanei hanno avuto una lunga riunione combat, farà inevitabilmente ballare la maggioranza e il governo. Nella tarda sera di ieri s’è addirittura sparsa la voce che, se alla fine le preferenze non entrano nell’Italicum, il ministro delle riforme, Quagliariello, sarebbe addirittura pronto a dimettersi. Il che non è, ma quel che c’è è una situazione che si va ingarbugliando assai. Nella quale però, si sfoga De Girolamo, «io non potevo che fare quello che ho fatto.
Un ministro non può essere trattato così, politicamente e moralmente, quando la sua onorabilità è intatta!». E ancora: «Letta se n’è infischiato, come se gli attacchi a un suo ministro non lo riguardassero». Neanche la mediazione di Francesco Boccia, marito di lei e amico caro di Enrico, ha evitato la rottura inevitabile. «Che cosa devo fare?». «Fai». E’ stato il sunto dello scambio di opinioni tra consorti.
Anche in consiglio dei ministri, i suoi colleghi del Ncd - a cominciare da Gaetano Quagliariello - hanno più difeso De Girolamo nei giorni scorsi. Ma in questo stesso partito non sono piaciute affatto le presunte - ma per alcuni di loro certissime - trattative del ministro con i berluscones per tornare in Forza Italia, anche grazie agli ottimi rapporti che Nunzia intrattiene con Francesca Pascale e con altre amiche dell’inner circle di Palazzo Grazioli.
POLTRONE
Ora il Ncd si trova con un ministro in meno ma non ne fa una tragedia. Sa che ha perso una poltrona, ma Alfano assicura: «A noi le poltrone non interessano. Ci serve soltanto, come partito e come Paese, che l’esecutivo lavori e che lo faccia bene. Le condizioni per ripartire ci sono. E la battaglia per le preferenze non mette a rischio, anzi può rafforzare, viste le convergenze che abbiamo con il Pd, la maggioranza di governo».
Da questo punto di vista il sacrificio di Nunzia può togliere un problema nel rapporto tra Ncd e una parte dei democrat, quella che si dichiara contraria alle liste bloccate. E a temere qualche sorpresa potrebbe essere Renzi.