PESCARA Un attacco in grande stile, sferrato in un momento molto difficile per la sua famiglia. Eppure Carlo Costantini non se la prende né con i magistrati, né con i giornalisti per l’ondata di «notorietà» che l’inchiesta sui costi della Regione gli ha riservato, e per l’avviso di garanzia legato a un rimborso di 80 euro. Preferisce spiegare, mentre molti degli altri 25 indagati scelgono la strada del silenzio fino al 4 febbraio, quando saranno interrogati dai magistrati. Sono tredici le persone che hanno chiesto di essere ascoltate. Oltre ai presidenti di Giunta e Consiglio regionale, Gianni Chiodi e Nazario Pagano, davanti ai pm Di Florio e Bellelli il 4 febbraio compariranno gli assessori Gianfranco Giuliante, Mauro Febbo, Mauro Di Dalmazio, Alfredo Castiglione, Paolo Gatti, Carlo Masci e Angelo Di Paolo, l’ex assessore Luigi De Fanis, e i consiglieri Emilio Nasuti, Nicola Argirò, Lanfranco Venturoni. Gli altri 13 indagati saranno invece ascoltati il 12 febbraio. Tutti dovranno spiegare l’origine di quei rimborsi, che nella stragrande maggioranza dei casi sono di entità risibile, come nel caso della consigliere Alessandra Petri, «avvisata» per un conto che non torna che ammonta alla bellezza di 19 euro. Il rimborso si riferisce alla partecipazione a un evento istituzionale, nel corso del quale la consigliera aveva soggiornato in hotel a cinque stelle, peraltro prenotato dalla Regione. L’esponente di maggioranza aveva pagato di tasca propria 189 euro, 19 euro in più rispetto al massimo rimborsabile, considerato che il regolamento prevede soggiorni solo in hotel a quattro stelle. Tanto è bastato per finire nell’inchiesta, ma i casi sono tanti, e nella quasi totalità si tratta di situazioni nell’ordine di cinquanta, sessanta o al massimo ottanta euro, che i consiglieri coinvolti si dicono certi di poter spiegare, magari anche alla luce di qualche imprecisione nella compilazione dei rimborsi. Tutto questo a poco più di tre mesi dalle elezioni regionali, con un costo per la collettività che probabilmente va ben oltre gli ottantamila euro contestati complessivamente dal 2009 al 2012. «La mia situazione è molto semplice - ha spiegato Carlo Costantini - è del tutto speculare a quella resa nota dal mio collega, Cesare D’Alessandro. In occasione della partecipazione a un convegno nel settembre 2009, io, il collega D’Alessandro e sua moglie andammo a cena in un ristorante nelle vicinanze dell’albergo. Quando ci presentarono il conto, quasi 360,00 euro, rimasi sbalordito e dissi al collega D’Alessandro (la circostanza mi è stata ricordata da sua moglie) che sarebbe stato, per quanto legittimo, immorale presentare una rendicontazione così elevata. Per questo decidemmo di far separare i conti e di farci rilasciare, ai fini della rendicontazione, due ricevute da 80 euro e di pagare la restante somma di tasca nostra; sia i 120 euro riconducibili alla moglie del collega D’Alessandro, che altri 80 euro riconducibili al nostro pasto. In concreto, pur avendone il diritto e la possibilità, ho rinunciato a farmi restituire dalla Regione 40 euro, oltre ad altri 10 euro per la sosta dell’auto in occasione del convegno, pure documentata. Per quanto riguarda la camera dell’hotel, la spesa dell’uso singolo e doppio risultava sostanzialmente identica. Questi i fatti che, consentendomi di documentare di aver beneficiato di rimborsi inferiori a quelli che mi competevano per legge, mi consentiranno anche di spiegare ai magistrati che non sono un truffatore». All’assessore all’agricoltura Mauro Febbo vengono invece contestati 5 mila e 800 euro per «missioni istituzionali» non motivate. Ma per il suo avvocato, Massimo Cirulli, l'assessore «sconta l'attivismo messo in campo dalla Giunta Chiodi per il gran numero di missioni fatte al solo fine di promuovere l'Abruzzo. Lo conosco – aggiunge il legale – e sono certo che fornirà ai magistrati delle spiegazioni più che valide». Febbo il pomeriggio del 4 febbraio arriverà in Tribunale con l'ex assessore regionale alla cultura Luigi De Fanis. Per De Fanis una difficoltà in più, spiega Cirulli: arrivare in Tribunale senza poter prima consultare la documentazione relativa alle spese della sua carta di credito istituzionale. L'ex assessore, infatti, è dal 12 novembre ai domiciliari nell'ambito dell'inchiesta «Il Vate» e l'impossibilità di lasciare la sua dimora gli rende impraticabile il recarsi in Regione ad acquisire le carte delle sue rendicontazioni. Nonostante questo, assicura Cirulli, il 4 febbraio comparirà in Procura per giustificare quelle trasferte che a lui, e gli altri 24 indagati, valgono a oggi, a vario titolo, un'accusa di peculato, falso ideologico e truffa.