TERAMO Era tutto talmente sotto controllo da essere fuori controllo. Era regnante unico, Antonio Di Matteo, in una banca in cui nulla si muoveva senza il suo volere. Al contrario, invece, l’ex direttore generale operava tranquillamente sulle posizioni dei clienti, quelli amici, ovviamente, senza neanche preoccuparsi di ottenere l’autorizazione. Gli ispettori di Banca d’Italia lo scoprono lavorando sui rapporti che con Tercas ha Francescantonio Di Stefano, cliente importante che Di Matteo impacchetta da Unipol e porta in Abruzzo in tempi pressoché contestuali con il suo arrivo. Due conti correnti personali e un dossier titoli e altrettante posizioni accese con la società Fincentro Uno. Nelle contestazioni di Banca d’Italia a Di Matteo si legge come: «Quattro operazioni di vendita di azioni Tercas in contropartita con la Banca, accreditate sui rapporti intestati a Fincentro Uno tra novembre 2010 e maggio 2011 per un totale di 13,3 milioni di euro, mancanto del preventivo ordine del cliente, di cui è stata acquisita la firma ex post. Emblematica – sempre secondo la Vigilanza - è la vendita di novecentomila azioni Tercas, per un controvalore di 7,5 milioni di euro, del 26 maggio 2011, disposta da Di Matteo, di cui è stata acquisita solo ratifica e conferma da parte del cliente solo il 29 dicembre 2011». Quei soldi però, erano stati spostati in maniera pressoché immediata: «La provvista è stata usata il 27 maggio per un bonifico estero a favore della Fidens Project Finance spa sulla Banca di San Marino con causale "acquisto crediti come da mandato". S empre a favore della Fidens Project Finance spa e con la stessa causale il 31 maggio è stato disposto, sul conto intestato a Fincentro Uno, un altro bonifico di 2,5 milioni di euro utilizzando un’apertura di credito temporanea». In più, secondo i controlli effettuati: «La transazione non è stata canalizzata sul conto corrente del cliente, bensì sui conti "debitori/creditori diversi" della Banca». E questo è solo uno degli elementi che, secondo la Vigilanza, testimonia ampiamente dei rapporti strettissimi esistenti tra l’imprenditore avezzanese e l’ex direttore generale Tercas. Ma il punto d’appoggio più importante resta per Di Matteo la sua compagna, Cinzia Ciampani, che con un mandato fiduciario controlla, tra l’altro, l’Immobiliare Tolstoj. Proprio la Tolstoj è uno degli elementi centrali del sistema sia per gli ispettori di Banca d’Italia che per il giudice delle indagini preliminari di Roma Vilma Passamonti, che il 18 dicembre scorso firmò l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’ex direttore generale e di altre persone coinvolte nell’indgine Basilea 2 tra cui, appunto, Cinzia Ciampani e Francescantonio Di Stefano. «La disinvoltura nella gestione del rischio di credito – sottolinea Banca d’Italia nelle contestazioni che hanno portato a disporre sanzioni nei confronti di Di Matteo – emerge dall’esito die principali gruppi di clienti apportati e gestiti in relazione (più di una quindicina): a Fronte di impieghi di circa 400 milioni di euro si registrano attualmente posizioni in default per circa 330 milioni, con previsioni di perdita per circa ottanta milioni. Sotto il profilo operativo, il piano "parallelo" di attività posto in essere da Di Matteo era incentrato su un pool di conti formalmente riconducibili a soggetti del suo ambito familiare (in particolare la citata signora Ciampani) ma sostanzialmente nella sua disponibilità. Con riferimento a Ciampani, in particolare, sul conto personale e su quello della Immobiliare Tolstoj, sono rilevabili numerosi movimenti che denotano da un lato un’intensa attività di carattere commerciale e finanziario con altri clienti della banca (ad esempio Di Stefano, Casale, Di Mario), dall’aòtro operazioni caratterizzate da significative opacità circa le reali motivazioni economiche, ad esempio il versamento del 24 marzo 2009 di un assegno di 1,7 milioni di euro emesso da Francescantonio Di Stefano in favore di Ciampani. La portata di tale attività e le possibili refluenze sotto il profilo del rischio legale e reputazionale per Tercas sono tuttora di difficile valutazione sulla base della documentazione interna». Come dire che, di tutto questo, le conseguenze la banca dovrà subirle ancora per anni. Banca d’Italia tra le operazioni di scarsa trasparenza, tutte adottate da Di Matteo, ne indica due riferibili al gruppo Di Mario. La prima riguarda «la sottoscrizione e la successiva acquisizione di tredici qyuote del fondo immobiliare Diaphora 1, che hanno sostenuto il gruppo Di Mario in difficoltà (ora fallito e a sofferenza) e che hanno finora maturato perdite per 3,4 milioni di euro», la seconda «il deposito a termine di cinque milioni presso Banca MB del luglio 2009 – giorno precedente all’avvio della gestione straordinaria – che ha assicurato la provvista necessaria a erogare un finanziamento di importo analogo alla Dimafin (gruppo Di Mario). L’iniziativa, assunta dal direttore in difformità dai criteri normalmente assunti dalla tesoreria, si è riflessa nel passaggio a sofferenza dell’esposizione stessa, con emersione di perdite». Nella rete, alla fine, era entrata anche Caripe, la banca controllata da Tercas per poco più di un anno: una sfilza di delibere che, secondo la vigilanza sono tutte caratterizzate dall’insufficienza del processo istruttorio, da finanziamenti destinati a soggetti di relazione dell’ex dg e dall’essersi in molti casi risolti in credito anomalo.