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Pescara, 25/11/2024
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28/01/2014
Il Messaggero
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Matteo, alta tensione nel Pd, braccio di ferro con i piccoli. Forzisti divisi. Pochi i margini per alzare
lo sbarramento. |
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ROMA Il diritto alla pensione in cambio della legge elettorale. Lo scambio è un po’ brutale, ma accade quando si entra nella fase decisiva di una trattativa. Ad alzare la posta è stato ieri Matteo Renzi che ai parlamentari ha promesso di arrivare con la legislatura «fino al 2018». A patto però che si facciano la legge elettorale e le riforme costituzionali che riguardano il Senato e il Titolo V. Si gioca molto, per qualcuno tutto, Matteo Renzi sulla proposta di legge elettorale. Ed è per questo che ieri pomeriggio si è precipitato a Roma con l’obiettivo di dare una stretta agli emendamenti prima dell’inizio del voto nella Commissione Affari Costituzionali presieduta da Francesco Paolo Sisto. BLOCCO La riunione più burrascosa avviene dopo le 21, quando Renzi si reca alla Camera per incontrare i componenti della Commissione in quota Pd. Il segretario parte in salita. L’intesa piace poco alla sinistra del partito che è largamente rappresentata in Prima Commissione. Dopo un’ora di dibattito la riunione si trasforma in un vero e proprio dramma che costringe Renzi a porre l’ormai solito aut aut: «Con tutti questi emendamenti l’accordo salta e ognuno si assume le sue responsabilità». Non c’è il richiamo al voto subito, ma il messaggio è chiaro. Al punto che tocca a Cuperlo e alla Bindi tentare una mediazione. La determinazione dei bersaniani a superare le liste bloccate resta però invalicabile e produce uno dei due emendamenti che restano e sui quali Renzi cercherà il sì del Cavaliere. Primarie per legge, seppur facoltative, e soglia al 38% per ottenere il premio di maggioranza sono le modifiche che il Pd tenterà di far passare. La tensione dentro il Pd costringe Sisto a rinviare la seduta al pomeriggio di oggi e non è escluso che stamattina la conferenza dei capigruppo decida per uno slittamento dei tempi di arrivo in aula del disegno di legge. RUSH FINALE La girandola di incontri del segretario era iniziata nel pomeriggio di ieri con Denis Verdini (plenipotenziario a Roma del Cavaliere), proseguita con Angelino Alfano e conclusa in serata da Renzi negli uffici del Nazareno in compagnia di Lorenzo Guerini, Maria Elena Boschi e ai capigruppo Speranza e Fiano, per poi trasferirsi tutti direttamente a Montecitorio. Il testo è arrivato in Commissione di fatto blindato perchè gli incontri di ieri del segretario del Pd non sono riusciti a scardinare più di tanto le posizioni di Berlusconi che oggi potrebbe tornare ad incontrare Renzi. L’unica apertura concessa dal Cavaliere - soprattutto a seguito delle perplessità filtrate dal Quirinale - starebbe nella soglia oltre la quale si accede al premio di maggioranza che dovrebbe salire dal 35 al 38 per cento. Dentro Forza Italia non tutti sono però d’accordo sulla disponibilità data da Verdini e le tensioni dentro al Pd spingono FI ad una corposa frenata anche sulla soglia per ottenere il premio di maggioranza. Berlusconi non gradisce neppure il passaggio sulle primarie che interpreta come un modo per reintrodurre le preferenze e ha anche dubbi nel lasciare al governo il compito di disegnare i collegi. Chiusura totale da parte dell’ex premier sulle soglie di sbarramento (5% per i partiti coalizzati e 8% per i non coalizzati). Quanto Renzi subisca o condivida le posizioni di Forza Italia è difficile dirlo. Certa è invece la convinzione del sindaco di Firenze di essere «ad un passo dell’accordo» che non può essere messo in crisi dallo 0,5%. Lo spazio che Renzi e Berlusconi lasciano ai problemi dei piccoli partiti è ridottissimo ed è difficile non prevedere conseguenze sul governo che si regge anche sull’apporto dei partiti più piccoli. ANTIPOLITICA Tra un vertice e una riunione, il segretario del Pd non lesina dichiarazioni e interviste nelle quali invita i parlamentari a non dare nuova prova di «inaffidabilità» ai propri elettori. La partita è dura e molto complicata. Le resistenze sono fortissime e il fuoco amico prepara agguati in aula coprendosi con il voto segreto. Dalla sua Renzi ha la speranza che il Quirinale cova da mesi di veder realizzato un pacchetto di riforme in grado di tirar fuori l’Italia dalla palude istituzionale. L’invito «alla prudenza», rivolto ieri dal Capo dello Stato, è però il segnale che le difficoltà sono tutt’altro che finite.
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