PESCARA Non sono 5 mila e 800 gli euro contestati all'assessore all'Agricoltura Mauro Febbo, bensì la metà. Per la precisione le rendicontazioni contestategli ammontano a 2 mila 406 euro. E' lui stesso a fare il calcolo su quei rimborsi che, secondo i pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli, avrebbe "gonfiato”, cancellato o non chiaramente dichiarato sebbene saldati con la carta di credito istituzionale. Ragioni, queste, per le quali Febbo è finito nella rete dell'inchiesta Rimborsopoli peraltro in una delle posizioni definite dagli investigatori "più difficili". Peggio di lui, infatti, avrebbero fatto, nell'ordine, soltanto il presidente della Regione Gianni Chiodi, cui si contesta un "buco” di 24 mila euro, il vicepresidente Alfredo Castiglione e il presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano che avrebbe ottenuto rimborsi non dovuti per oltre 15 mila euro. Febbo, al contrario, definisce il suo ruolo nella vicenda assolutamente «marginale».
L'assessore si dice «tranquillo e fiducioso verso l'operato della magistratura. Il 4 febbraio mi presenterò in Procura per rispondere alle domande degli inquirenti e chiarirò la mia posizione. Ho preparato tutta la documentazione – aggiunge – e credo che ci sia stato un errore di comunicazione. Non mi si contesta né di aver alloggiato in Spa di lusso, né in hotel a cinque stelle, ma pranzi, cene e trasferte di cui non sarebbe stata data motivazione. Non è così».
«Rispetto a tutti gli altri sono quello che ha viaggiato di più in veste istituzionale – dice ancora -. All'estero, secondo i miei calcoli, sono stato più di trentasei volte e tantissime sono state le missioni in Italia. Mi si contestano, tra le altre cose, quindici viaggi a Roma per i quali avrei chiesto un rimborso spese, ma si omette di dire che altre settantadue volte non l'ho fatto perché non ho né pernottato né fatto pranzi, ma mi sono limitato a mangiare un panino tra l'andata e il ritorno».
Febbo sosterrà dunque l’interrogatorio dei pubblici ministeri, anche su consiglio del suo difensore, l’avvocato, Massimo Cirulli chiamato a difendere, sia nell'ambito dell'inchiesta Rimborsopoli che in quella «Il Vate», anche l'ex assessore alla cultura Luigi De Fanis.
Cirulli per primo, infatti, ha espresso la sua soddisfazione per la posizione della Procura decisa, per ammissione degli stessi pubblici ministeri, a chiudere la vicenda, che vede in tutto indagate 25 persone chiamata a rispondere, a vario titolo, di peculato, truffa e falso ideologico, nel minor tempo possibile.
Determinanti, sicuramente, saranno anche le prove a discarico, anche documentali, che gli indagati produrranno nel corso degli interrogatori.