ROMA «È evidente che anche Berlusconi oggi è a un bivio. La partita è complicata ma noi abbiamo fatto un accordo molto serio e confido che si possa chiudere rapidamente. Poi, se c’è da litigare con i piccoli partiti, si litiga con i piccoli partiti...». A un passo dal primo traguardo, Matteo Renzi si mostra ottimista e, intervistato da Ballarò, fa capire che la trattativa è arrivata alla stretta finale. Ma risultati concreti ancora non si vedono, sulla legge elettorale si tratta a oltranza e l’approdo nell’aula della Camera slitta a domani. Dopo lo stallo di due sere fa, Berlusconi e Renzi non si sono visti ma si sono sentiti più volte al telefono con l’obiettivo di raggiungere un difficilissimo compromesso. L’ipotesi sulla quale si sta lavorando prevede la possibilità di alzare la soglia per ottenere il premio di maggioranza dal 35% al 37%. Un innalzamento che si sarebbe reso necessario non solo per accontentare i piccoli partiti che chiedevano di arrivare al 40% ma anche e soprattutto perché il Quirinale nei giorni scorsi avrebbe fatto recapitare al segretario Pd il seguente messaggio: il 35% sarebbe incostituzionale. Un rischio, quello dell’incostituzionalità, che avrebbe spinto il Cavaliere a ritornare sui suoi passi. In cambio, Berlusconi avrebbe chiesto a Renzi, ma senza insistere più di tanto, di rinunciare al doppio turno pretendendo, invece, l’introduzione della norma salva-Lega per aiutare il Carroccio che altrimenti rischierebbe di non avere nemmeno un seggio in Parlamento. Un punto di equilibrio si sarebbe trovato anche sulla questione della ridefinizione dei collegi: il governo, e quindi il ministero dell’Interno, avrebbe a disposizione non più di 60 giorni. Dopodichè, in assenza di risultati, la “pratica” passerebbe al Parlamento. Da Forza Italia ci sarebbe anche il via libera alle candidature plurime tanto care ad Angelino Alfano. Ma con la fissazione di un tetto massimo: non più di tre o quattro. Nessuna intesa, invece, sarebbe stata ancora raggiunta sull’abbassamento delle soglie di ingresso, dal 5 al 4% per i partiti in coalizione e dall’8 al 7% per quelli che si presentano da soli. E anche sulle preferenze la chiusura è totale. Sul tavolo resta anche la richiesta del Pd di prevedere primarie per legge, anche se non obbligatorie. L’accordo, se sarà confermato, reggerà alla prova dell’Aula? Con il voto segreto potrebbero esserci brutte sorprese ma nel partito di Berlusconi sono convinti che alla fine tutto filerà liscio. «L’accordo tra Berlusconi e Renzi, nonostante l’atteggiamento dei piccoli partiti, tiene. Entro la fine di questa settimana la Camera approverà la norma che successivamente andrà a Palazzo Madama» assicura Renato Brunetta. «Ho l’impressione che l’accordo regga» aggiunge Paolo Romani. Poi, in, serata è lo stesso Renzi che, davanti alle telecamere di Ballarò, ammette che il più è fatto: «Siamo veramente a un passo, è lì, siamo pronti a chiudere. Come si fa a buttare via questa occasione?». Il segretario Pd, insomma, fa capire che il più è fatto e che la battaglia che lo ha impegnato a tempo pieno ha riguardato soprattutto i piccoli partiti (Centro Democratico, Popolari per l’Italia, Lega, Fdi e Sel)che hanno scritto una lettera alla presidente della Camera, Laura Boldrini, chiedendole di non «strozzare» il dibattito in commissione Affari costituzionali dove ieri sera sono ripresi i lavori e dove oggi si arriverà alla definizione delle posizioni dei partiti sui 250 emendamenti rimasti. I piccoli partiti hanno chiesto anche di spostare l’approdo in Aula della legge anche a febbraio. Una richiesta contro la quale in mattinata si schiera Renzi: «Non mi farò ingabbiare nelle stanche liturgie della politica tradizionale. Se qualcuno vuol far saltare tutto, lo faccia a viso aperto e lo spieghi al Paese». Il messaggio è diretto alla minoranza Pd, ma, ovviamente, anche ai malpancisti di Forza Italia che, con il voto segreto, potrebbero affossare l’intesa.