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Data: 29/01/2014
Testata giornalistica: Corriere della Sera
Imu-Bankitalia a rischio caos Corsa per salvare il decreto

Ci mancava pure la ghigliottina... O la «tagliola», come la chiamano i grillini. I quali ieri, scandendo con questo termine un’altra giornata di passione per il governo di Enrico Letta, hanno riportato in auge un vecchio arnese del Parlamento. La ghigliottina, appunto. Il metaforico strumento, spesso brandito e però mai utilizzato, con cui il presidente della Camera può decidere di tagliare la testa (e dunque la lingua) ai deputati, per mettere fine all’ostruzionismo e scongiurare la decadenza di un provvedimento. Laura Boldrini, dopo ore di autentico tormento, ha deciso di non farvi ricorso, deludendo parecchio il fronte governativo. Ma stanotte finisce il tempo per convertire in legge il decreto Imu-Bankitalia, su cui il governo ha chiesto e ottenuto la fiducia in entrambi i rami del Parlamento. Su quel testo i partiti si vanno scontrando da settimane e i Cinquestelle, che vogliono scorporare le norme sull’Imu da quelle su Bankitalia, hanno scatenato la guerriglia. Ma poiché il governo ritiene «impraticabile» l’idea di dividere il decreto, la più affilata delle lame potrebbe inesorabilmente scattare: troncando il «filibustering» grillino, spazzando via gli ordini del giorno e consentendo il via libera al decreto che scongiura il pagamento della seconda rata Imu.

LA TAGLIOLA - La votazione finale è slittata a oggi. Per tutto il giorno il tema ha tenuto banco e infiammato due riunioni dei capigruppo finite senza accordo. E in entrambi i vertici la questione politica si è intrecciata con il fattore umano. «Non voglio essere il primo presidente della Camera che ricorre alla ghigliottina nella storia della Repubblica», ha detto ai presidenti dei gruppi Laura Boldrini, che dietro le porte ben chiuse del suo ufficio ha mediato, implorato e anche alzato la voce, pur di non forzare la mano: «Faccio appello alla responsabilità di tutti, non costringetemi a interrompere la discussione in maniera traumatica... Non l’ho fatto e non lo voglio fare. Ma se non si evita di fare ricorso a tutti gli strumenti del regolamento per ostacolare il provvedimento, sarò costretta a interrompere il dibattito». E ancora, chiamando in soccorso l’opinione pubblica: «Non credo che potrà comprendere un simile atteggiamento su un tema così rilevante per la collettività». C’è ancora una manciata di ore, per discutere e per litigare. E poi, se il M5S non deporrà le sue armi, la «tagliola» scatterà. In caso contrario il decreto sarà carta straccia e i proprietari di immobili pagheranno l’Imu. Dario Franceschini è uscito furibondo dalla riunione dei capigruppo: «Sono stupefatto dell’ostruzionismo di M5S, se il decreto non sarà convertito milioni di italiani dovranno pagare la seconda rata». Uno «stupore» che, secondo i «dem», nasce anche dall’atteggiamento della presidenza.

DI CHI E’ LA COLPA?- Se per Palazzo Chigi è colpa dei Cinquestelle, per i Cinquestelle è colpa di Palazzo Chigi: «Se gli italiani pagheranno l’Imu sarà per l’incompetenza del governo». Un rimpallo di responsabilità destinato a continuare anche oggi, in un incrocio di accuse reciproche, sospetti e illazioni. Perché la Boldrini ha temporeggiato, dando ancora tempo all’Aula? Nel Pd, che premeva per il voto finale, gira una interpretazione maliziosa: «Sel le avrà chiesto di tenere aperto il decreto finché non abbassano lo sbarramento della legge elettorale per i piccoli partiti». E i Cinquestelle, con maggior perfidia: «La Boldrini è sotto ricatto di Letta... Se scatta la tagliola siamo in una completa dittatura».
La presidente ha concesso altro tempo all’esame del testo, fino alle 22 di ieri. E oggi si va avanti, termine ultimo la mezzanotte. Ma se il braccio di ferro non si sblocca, Boldrini dovrà decidere: entrare nella storia della Repubblica come il primo presidente che ha ordinato la ghigliottina, o spedire al macero un decreto che Sel, il suo partito, non ha mai digerito. La battaglia del calendario si gioca su due fronti, decreto e legge elettorale. Ai capigruppo la terza carica dello Stato ha avanzato due proposte sui tempi, che non hanno raggiunto l’unanimità. E adesso l’ingorgo di provvedimenti mette a rischio pure il decreto sulla terra dei fuochi, tanto che Boldrini potrebbe essere costretta a tenere aperta la Camera anche sabato e domenica.

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