TERAMO Tornasse indietro il presidente della Regione Abruzzo tante cose forse eviterebbe di farle. La confessione della scappatella extraconiugale gli potrebbe costare cara. In termini personali e soprattutto in vista delle prossime elezioni.
Tre mesi scarsi per convincere la gente, e non solo sulla pagina personale di facebook, che ha lavorato per il bene dell’Abruzzo, che ha tagliato i costi, che ha rimesso a posto la sanità. «Nulla inficia la mia candidatura - ha ribattuto il presidente Chiodi. Quello che è successo è un fatto privato che non deve essere collegato alla sfera pubblica. Sono ricandidato alla presidenza della Regione, ho lavorato per l’Abruzzo e gli abruzzesi, continuerò a farlo».
Parole che pesano e trovano poca eco nel mare dei commenti e delle reazioni che spopolano sul web, nei social network e nell’ambiente politico. Le famose esse giornalistiche, sesso e soldi, prendono il sopravvento e la gente guarda nel buco della serratura per scoprire chissà quali altri particolari piccanti. A livello di immagine un duro colpo, una ferita che sarà difficile da far rimarginare. «Sto preparando la mia difesa per raccontare tutto ai magistrati il 4 febbraio. L’unico mio errore può essere stato in quei 170 euro messi a rimborso. Il quattro chiarirò tutto», ha aggiunto il governatore. In pratica la metà del conto per quella notte trascorsa nella stanza 114 all’albergo del Sole, vicino al Pantheon, a Roma. A rimborso la fattura di 340 euro, il costo della camera doppia.
È stato un errore ha subito detto Chiodi. «Una debolezza». E ad attaccarlo oggi ci sono centinaia di persone. Moralisti e falsi moralisti, ma anche chi non vorrebbe la politica e i servizi al cittadino intrisi di storie personali. Un passaggio difficile il confronto in casa. «Ho parlato con mia moglie Daniela e con la più grande delle mie tre figlie - ha detto Chiodi - cerco di tenere unita la famiglia se capiranno i miei errori».
Sotto i riflettori, additata di essere sfasciafamiglie e di aver utilizzato una notte di sesso con il presidente della Regione per ottenere un incarico anche la componente della commissione Pari opportunità.
L'Ufficio di presidenza della commissione pari opportunità è composto da: presidente della Commissione: Gemma Andreini; vice presidente: Rosaria Nelli. Componenti della commissione: Mariangela Amiconi, Monica Di Pillo, Paola Bellisari, Patrizia Di Primio, Valentina Mancini, Sabrina Saccomandi, Olga Salvatore, Giancarla Galli, Laura Tinari e Francesca Cermignani. Componente di diritto: consigliera regionale di parità - Prof.ssa Letizia Marinelli. In mezzo anche l’amante di Chiodi. E proprio la commissione pari opportunità ieri in una nota chiede le dimissioni di chi ha trascorso la notte con Chiodi. «Come donne siamo indignate e ci sentiamo offese - si legge - chiediamo a gran voce le dimissioni di colei che risulterebbe coinvolta in questa triste vicenda, poiché crediamo che non possa affatto rappresentare le donne che ogni giorno lottano per vedere riconosciuti i propri diritti e la propria dignità non barattabile». Un’accusa un po’ amara di donne contro donne; quando la barca affonda non ha sostegno e solidarietà. Colpevole e basta. Parole dure nella lettera della commissione. «È ovvio che colei che sarebbe coinvolta non rende giustizia al serio e rigoroso impegno quotidiano di tutte coloro che sono state nominate nella Commissione regionale Pari Opportunità e lavorano con impegno e correttezza per educare al rispetto di genere». E la presidente Gemma Adreini stringe il cerchio delle sospettate. «Vogliamo ribadire con forza ed estrema precisione - afferma Andreini - che nessuna delle componenti nominate all'interno della Commissione Pari Opportunità è coinvolta in questa vicenda. Precisazione di date e di nomine non trascurabile, la donna in questione sarebbe stata nominata dal Ministero nel 2011, mentre le nomine per la composizione della Commissione Regionale Pari Opportunità sono fatte dal Consiglio regionale e risalgono al 14 aprile 2013». Da qui la richiesta di lasciare la commissione.
Situazioni difficili, sia personali sia politiche, su cui servono riflessioni serie, ma oggi trasformate in chiacchiere da bar.
I grillini adesso chiedono dimissioni di presidente e giunta
PESCARA Salta il convegno sull’Abruzzo visto dal cielo, che ieri doveva vedere insieme il presidente Gianni Chiodi e Folco Quilici. L’Abruzzo viene visto dal buco della serratura come nella più classica commedia all’italiana. Ma questa volta è realtà e non un film con Lino Banfi e i commenti che ne seguono sono duri. I primi a chiedere le dimissioni di Chiodi sono i grillini. «Dopo le recenti ammissioni del presidente Chiodi, che nel goffo tentativo di giustificarsi in realtà ha reso ancora più penosa la vicenda giudiziaria che si è abbattuta sulla consigliatura abruzzese, il M5S rinnova la richiesta di dimissioni di Chiodi, e soprattutto la sua scomparsa dalla scena politica in previsione delle imminenti elezioni». A prendere posizione sono i parlamentari Vacca, Colletti, Del Grosso e Castaldi. «Ovviamente - aggiungono - non giudichiamo la vita privata del presidente, di Pagano e degli altri assessori e consiglieri, ma l'intreccio che si starebbe delineando tra la vita istituzionale e le relazioni personali dei vertici della nostra Regione è sufficiente a chiedere ai coinvolti di farsi da parte e di chiarire la vicenda nelle sedi competenti. La stessa cosa che dovrebbe fare l'imputato D'Alfonso. Purtroppo sappiamo che la nostra richiesta cadrà nel vuoto».
Anche dal Pd arrivano critiche alla situazione in Regione. «Stupore e sconcerto sono le uniche reazioni possibili alle parole del Presidente Chiodi. Senza alcun intento speculatorio, tenendo ferma la distinzione tra le questioni personali e quelle politiche, la difesa del governatore appare inaccettabile. La Regione Abruzzo continua ad essere umiliata da comportamenti intollerabili, ma che sembrano essere la prassi per alcuni esponenti della maggioranza che governa la regione da 5 anni e 2 mesi». Ad affermarlo Marco Rapino, segretario regionale dei Giovani democratici e vice segretario del Pd abruzzese. «Ad uscire screditato e ormai delegittimato questa volta è anche un settore come quello delle Pari Opportunità, che per ciò che rappresenta al livello simbolico, e al livello istituzionale, non potrebbe neanche essere accostato ad una vicenda come quella raccontata da Chiodi».