Testa, Mascia, Ricci... «Pescara sta morendo e loro parlano di sindaco. Da qui alle elezioni conteremo i sopravvissuti». Non si trattiene, Daniele Becci, alla provocazione del cronista, al bar davanti a una tazzina di caffè. «Non voglio litigare con i politici, al contrario lancio loro un appello a fare ciò di cui Pescara e i pescaresi hanno davvero bisogno» dice il presidente della Camera di commercio. Parole già sentite nel giorno di “Ora o mai più”, quando l’imprenditoria scese in piazza per protesta contro la malaburocrazia. Era il 19 luglio 2013.
Becci, cos’è cambiato dalla scorsa estate? «Nulla, anzi andiamo sempre peggio. La pubblica amministrazione paga i suoi debiti solo dopo oltre un anno e questo sta mettendo in ginocchio tante piccole e medie imprese del territorio. Se i grandi Comuni hanno difficoltà a pagare, figuriamoci i paesi: oggi per mandare fallito un piccolo artigiano basta un ritardato pagamento di 25 mila euro».
Sopravvive solo chi ha le spalle larghe? «Si resiste con molta sofferenza - risponde Becci -. Un tempo potevi permetterti il lusso di aspettare qualche mese. Oggi non più perché il sistema è andato in cortocircuito: le aziende non vengono pagate, se non con mesi di ritardo, vanno in crisi e a loro volta non pagano i fornitori. L’economia vera e concreta fondata sul chi vende e chi compra non esiste più. Le attività scompaiono e la chiusura delle imprese più grandi ha un effetto domino sull’indotto a danno delle piccole. Le banche non muovono soldi come una volta e per contro chiudono il rubinetto dei finanziamenti alle imprese. Le conseguenze sono drammatiche e cito un dato: conosco una filiale di banca che gestisce 2500 conti correnti, 1700 dei quali sono in sofferenza e all’attenzione dei legali della banca. Tutto questo si traduce in aumento di protesti, di rate di mutuo insolute, meno ricevute bancarie. Attenzione, stiamo già vedendo le ripercussioni di tutto ciò sull’attività di avvocati e notai. L’effetto è devastante, spaventoso».
In Camera di commercio a Pescara, però, i numeri dicono di nuove aperture, è così?
«Si moltiplicano le società perché chiudono e riaprono o ancora si spacchettano per diversificare la produzione, ma lo fanno per non morire».
Cosa chiederebbe allo Stato?
«Di erogare risorse a sostegno delle imprese per un rilancio vero anziché puntare sull’assistenzialismo fine a se stesso della cassa integrazione. Serve che i soldi spesi producano: se un artigiano fosse messo in condizione di assumere si darebbe un taglio alla disoccupazione giovanile».
Torniamo al sindaco e alle elezioni. Che aria tira?
«Vedo una classe politica chiusa in se stessa e incapace di dialogare con chi produce. Pescara è ferma - dice Becci -. Compito della politica è elaborare un progetto credibile, proporre una visione per lo sviluppo della città. A mio avviso un rilancio è possibile attraverso opere di recupero e riqualificazione dell’esistente, Pescara ha bisogno di un restyling nell’edilizia, settore trainante e oggi paralizzato, ma necessita anche di verde, di aiuole fiorite: Pescara ha bisogno di bellezza».
Anche terziario e commercio soffrono una crisi mortale.
«Parliamo di altri due pilastri dell’economia cittadina. Non entro nel merito del progetto di corso Vittorio, dico però che non si può pretendere di respirare aria buona e al tempo stesso dire no al filobus. Vero è che la città si trasforma in salotto se ci sono i parcheggi e quelli vanno realizzati subito, interrati o a silos: è lì che vorrei vedere investimenti, prima che sul teatro. Invece si va avanti a piccoli passi, con una visione miope».
La Saga in aeroporto punta sulla Russia: i russi porteranno risorse? «E’ quello che auspichiamo, ma l’Abruzzo dovrà sapersi vendere, rivelando le sue bellezze, dovrà giocare al meglio le proprie carte».
Becci, la sua Camera di commercio cos’ha fatto per contrastare la crisi? «In quattro anni abbiamo sborsato 2,8 milioni in progetti su turismo, trasporti, pesca, artigianato e agroalimentare, rifinanziato i Confidi per 1,6 milioni e investito il 25% del bilancio, cioè 2 milioni, per la promozione del territorio».
Questo vuol dire che è pronto a scendere in politica? «Siamo mica su Scherzi a parte?».