ROMA Susanna Camusso è perplessa per la scelta di un Gruppo italiano di scegliere la sede fiscale in un altro Paese «facendo un’operazione di impoverimento». Concetto ripreso dalla Fiom. Il coordinatore nazionale Fiat, Michele De Palma, afferma che «il Gruppo Fiat non pagherà le tasse più nel nostro Paese, oltre a non lavorare e a non investire. Cosa aspetta il governo ad intervenire»? Secondo la Fiom, infatti, il Lingotto «fa un altro importante passo verso il disimpegno nei confronti dell’Italia. Infatti nel nostro Paese la Fiat non lavora, non progetta più nuovi modelli, non fa investimenti e ora non paga nemmeno più le tasse. Il tutto con il plauso degli altri sindacati e il silenzio assordante del governo e della politica. Ci chiediamo cos’altro debba accadere perchè il governo intervenga». Dopo il cda e la conference call con gli analisti finanziari, Marchionne ha anche incontrato i sindacati firmatari del contratto separato dell’auto. A Bonanni (Cisl), Angeletti (Uil)Centrella (Ugl), Di Maulo (Fismic), l’ad di Fca ha confermato la volontà di rispettare gli impegni assunti per l’Italia ma non ha indicato ancora date per gli investimenti futuri. Per sapere i dettagli bisognerà attendere il piano triennale che verrà presentato negli Usa all’inizio di maggio. Nel frattempo per i lavoratori del Gruppo in Italia continuerà la Cig. Tuttavia «non c'è alcun trasferimento all'estero. A noi non interessano la sede legale e quella fiscale, ma le progettazioni e queste resteranno in Italia» afferma il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. «Gli investimenti negli stabilimenti italiani sono confermati e le produzioni saranno finalizzate in particolare all'export» assicura Luigi Angeletti, segretario della Uil. Sul fronte della politica, Giorgio Airaudo ex Fiom e attuale parlamentare di Sel spiega che «non è più la nostra Fiat. Electrolux e Fiat, due modi diversi di lasciare l’Italia. Un unico conto pagato dai lavoratori». Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, spiega che «stride un po’ con la tradizione della Fiat il pensiero di volerla trasferire all’estero, stride con quella che è la missione produttiva e di investimenti industriali che la Fiat aveva promesso a questo Paese». La Fiat dunque «non è più italiana». Per Stefano Fassina, ex viceministro pd, «siamo di fronte ad un salto di qualità, dobbiamo capire bene quello che succede negli stabilimenti italiani. Sarebbe utile avere qualche informazione in più». Matteo Salvini, segretario della Lega Nord afferma che, viste le provvidenze del passato, «uno Stato tato serio dovrebbe chiedere indietro i soldi regalati». Tranquillo invece Piero Fassino, sindaco di Torino: «Quel che conta è che siano confermate le scelte di investimento e, in particolare, che Torino e l'Italia continuino a essere l'headquarter europeo del gruppo».