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Data: 30/01/2014
Testata giornalistica: Rassegna.it
Camusso: «Non possiamo avere un governo che non c'è»

Il leader Cgil in conferenza stampa su Electrolux e le altre vertenze: "Serve una vera cabina di regia che prenda in mano la situazione e costruisca soluzioni, non singoli incontri che poi finiscono nel nulla. Tutto il resto sono chiacchiere o twitter"
Camusso: «Non possiamo avere un governo che non c'è»
"Non possiamo più permetterci di avere in una situazione così difficile un governo che non c'è. Giorno per giorno si discute della sopravvivenza dell'apparato industriale del nostro paese, delle sue prospettive, mentre cresce la disoccupazione e la difficoltà di intravedere le prospettive, Tutto questo senza un luogo dove si possano affrontare i temi e cercare le soluzioni". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in una conferenza stampa tenuta oggi (29 gennaio) a Venezia (QUI IL PODCAST). Un ragionamento, il suo, partito dal caso Electrolux per poi allargarsi alle numerose crisi industriali dell'Italia. In politica, osserva Camusso, "si sta discutendo ormai da lungo tempo di un nuovo programma di governo, magari anche di una nuova fiducia. Credo che sia la quinta volta. Nel frattempo non ci sono soluzioni per le emergenze e le poche che intravediamo sono negative rispetto alla tutela dei lavoratori, a partire dall'idea di cambiare i criteri della cassa integrazione in deroga senza le risorse per finanziarla".

"Il governo - afferma Camusso - ha scelto di non contrastare l'operazione di Telecom, stiamo assistendo alla frantumazione del gruppo industriale e all'assenza delle sue prospettive". Quanto al piano di privatizzazione, "per come è stato annunciato verrebbe da dire che i dividendi che Poste dà ogni anno sono maggiori di quanto sperano di ricavare dalla privatizzazione. È un'ottica miope, solo monetaria, del giorno per giorno, che non fa i conti con le necessità di investimento e di qualità del nostro sistema". Anche per l'industria automobilistica, "non riusciamo ad avere un luogo di discussione. Abbiamo persino il sospetto che nella giornata di oggi si potrebbe scoprire che d'ora in poi il gruppo Fiat pagherà le tasse in un altro paese".

Tornando al tema Electrolux, a giudizio di Susanna Camumsso "è iniziata una discussione sbagliata, che dice 'l'unico terreno su cui bisogna agire è ridurre i salari dei lavoratori'. È il segno del non avere fatto le politiche che erano state chieste e adesso si cerca un modo per scaricare sui lavoratori, peraltro in una cosa che si presta sempre di più a essere una guerra tra gli stabilimenti, uno spettacolo indecoroso a cui i lavoratori non ci stanno, come hanno dimostrato le mobilitazioni di ieri. Se si vuole intervenire sulla crisi, e bisognerebbe farlo, si deve dire cosa si è disposti a fare subito in termini di riduzione del carico fiscale sui lavoratori e sulle imprese, perché continuiamo a girare intorno a questo tema e a non dargli risposta. Si fanno da più di anno le promesse, i risultati non ci sono e poi si cerca di aggirare tutto attraverso la riduzione delle retribuzioni". E non vale il discorso del costo del lavoro più basso, "perché c'è sempre un paese in cui costa meno, fino a quando scopriremo che bisogna pagare per lavorare. Basta con l'idea che le multinazionali ci fanno un favore, hanno guadagnato, non fanno beneficienza".

In generale, aggiunge il segretario generale della Cgil, abbiamo un problema di distribuzione del lavoro, oltre che del reddito: "Non dimentichiamo che la legge di Stabilità ha diminuito le risorse per i contratti di solidarietà. Siamo sconcertati del fatto che si torna a discutere dell'Imu senza rispondere al tema centrale, cioè che il dieci per cento del nostro paese continua ad arricchirsi mentre il resto si sta impoverendo, e proprio a quella parte si chiede di ridurre le retribuzioni. Oggi, non domani, serve una vera cabina di regia che prenda in mano la situazione industriale e manifatturiera e costruisca soluzioni, non singoli incontri che poi finiscono nel nulla. Tutto il resto sono chiacchiere o twitter, come se l'economia del nostro paese si potesse risolvere in 140 caratteri. In anno di governo non si sono fatte le cose necessarie". "Grida vendetta" il fatto che ci siano "grandi burocrati con molteplici incarichi e lavoro milionario e nessuno è in grado di fare una norma di equità. Siccome sta nella diretta responsabilità del governo, questa sarebbe una forma di spending review molto più efficace che non i tagli lineari all'istruzione o alla sanità".

Dunque, agire in fretta. "Il tempo - insiste Camusso - non è una variabile indipendente. In altri paesi d'Europa, di fronte ad annunci tipo quella della Electrolux, quell'impresa sarebbe già stata chiamata dal capo del governo per chiedere di cambiare impostazione, penso anche alla Germania rispetto a Fiat. Il governo o ha autorevolezza oppure rischia di essere un soggetto ininfluente". Tornando sulla cabina di regia, precisa poi il leader di Corso d'ItIalia, "serve qualcosa in più rispetto alla funzione del ministero dello Sviluppo economico. C'è bisogno che i soggetti di questo paese discutano degli indirizzi, non di affrontare ogni singola vertenza come tale cumulando poi gli effetti senza avere la capacità di costruire elementi orizzontali. Poniamo il tema del credito, dell'energia, della responsabilità dei capitali italiani che non si investono mai nella manifattura. Ci sono cose che richiedono anche assunzioni di responsabilità".

L'analisi della Cgil è semplice: "L'Italia ha un problema di domanda che non si affronta se non si aumentano le retribuzioni dei lavoratori, in via fiscale da un lato, e anche in via contrattuale. Laddove siamo riusciti a fare dei contratti abbiamo dato una delle poche risposte in positivo per rimettere in moto la capacità di domanda. È legittimo affrontare il tema della legge elettorale, ma è l'incapacità di affrontare due cose contemporaneamente che preoccupa. Trovo un silenzio assordante della politica nazionale sulle grandi vertenze, Telecom, Electrolux, sulle privatizzazioni, come se ci fossero due tempi. Quando si chiude un'impresa, riaprire è la cosa più complicata e in questi anni di crisi abbiamo perso un quarto della capacità produttiva". Come nel caso Electrolux, "le aziende non solo chiedono sacrifici ai lavoratori, ma neanche garantiscono che le fabbriche rimangano aperte. Paghi tu col capitale di rischio, una cosa non molto diversa dall'idea che bisogna lavorare gratuitamente. E in più preoccupa il fatto che non si vede alcuna relazione con la condizione di vita delle persone. Dalla crisi si esce con la riduzione delle disuguaglianze e questo dovrebbe essere l'obiettivo del governo".

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