Il tavolo aggiornato a questa mattina: primo nodo da sciogliere la cig a zero ore. Il blitz della compagnia spiazza i sindacati prima del vertice al ministero. Trattativa in salita se verranno confermati i tagli
ROMA Da due giorni 1.900 dipendenti Alitalia sono in sovrannumero. Tecnicamente e strutturalmente considerati «esuberi». Una mossa, quella ufficializzata ieri dalla compagnia, che ha spiazzato i sindacati alla vigilia del vertice (mattutino) al ministero delle Infrastrutture e che evidentemente ha condizionato l’avvio (nel pomeriggio) del confronto tra le organizzazioni di categoria e i vertici dell’azienda. Le confederazioni hanno subito posto un robusto paletto al cammino della trattativa: sugli esuberi non trattiamo. Ed è chiaro che la procedura fatta scattare da Roberto Colaninno e Gabriele Del Torchio non aiuta a individuare un accordo rapido e condiviso.
L’incontro di ieri sera a Fiumicino, nella sede di Alitalia, è stato aggiornato a questa mattina: primo nodo da sciogliere la cig a zero ore. La compagnia resta sulle posizioni del 22 gennaio: vuole «gestire» gli esuberi, senza ricorrere ai licenziamenti, ma utilizzando contratti di solidarietà e cassa integrazione. L’azienda ne avrebbe individuati 280 tra i piloti, 350 tra gli assistenti di volo, 480 tra gli operatori di terra, 190 nel settore manutenzione e 600 negli uffici. Susanna Camusso e Luigi Angeletti, al termine dell’incontro al dicastero delle Infrastrutture, sono stati chiari. Ha avvertito il leader della Cgil: «La scelta della compagnia di avviare la procedura per la cassa integrazione è strumentale, ci aspettiamo una proposta diversa perché non si può chiudere con degli esuberi. Per noi valgono le condizioni poste a novembre: serve un piano industriale di sviluppo e bisogna creare le condizioni per una partnership forte».
I PALETTI
«Non ci potrà essere accordo in presenza di tagli al personale», ha ribadito il numero uno della Uil. Più che eloquente anche il giudizio del segretario confederale Cisl, Annamaria Furlan: «I sacrifici già sostenuti non devono finire in nuovi esuberi». Categorico il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella: «Non accettiamo ultimatum, i lavoratori hanno già dato». Non per niente il piano aziendale prevede un taglio degli stipendi superiori ai 40.000 euro all’anno.
Difficile anche se non impossibile trovare la classica quadratura del cerchio. Il tempo però non è una variabile indipendente. I sindacati sono determinati ad arrivare a un compromesso, ma sulla base di garanzie certe circa il mantenimento degli organici: l’eventuale cig potrà scattare soltanto tra una ventina di giorni e dovrà prima essere avallata dalla organizzazioni di categoria, indisponibili, per esempio, ad accettare la cig a zero per molti lavoratori di terra, mentre rappresenterebbe un passo avanti la cassa per piloti e assistenti di volo, due categorie oggi non coperte da questo ammortizzatore.
A fotografare perfettamente lo stato dell’arte è stato Franco Nasso, segretario generale della Filt-Cgil: «Prima bisogna fare il punto sulle tre questioni aperte: i finanziamenti delle banche (ancora mancano all’appello i 300 milioni promessi dagli istituti di credito), la trattativa con Etihad e il problema legato al lavoro». Evidentemente, come si usa dire nel lessico sindacale «tutto si tiene». Se i soldi non arrivano e manca un accordo a tutto campo con i sindacati, è assai improbabile che gli arabi possano stipulare un’alleanza. Deve esserne convinto anche l’amministratore delegato di Alitalia Del Torchio che ieri mattina, al termine, della riunione al ministero, si è limitato a dire: «Quando ci rivedremo con Etihad? Presto».
Il piano di rientro dell’aviolinea preoccupa non poco amministratori e politici. Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha lanciato un appello ai vertici dell’azienda e al governo «affinché si facciano tutti gli sforzi possibili senza penalizzare i lavoratori». «Duemila esuberi - a giudizio del segretario Pd del Lazio, Enrico Gasbarra - sarebbero un nuovo shock per Roma e il Lazio».
Letta sabato ad Abu Dhabi per chiudere
L’obiettivo del premier Enrico Letta era quello di chiudere la partita nel week end. Suggellando proprio ad Abu Dhabi, durante la visita di Stato di sabato, il matrimonio tra Alitalia ed Etihad, o quanto meno il fidanzamento ufficiale. Le turbolenze sindacali, con la trattativa sugli esuberi che potrebbe trascinarsi a lungo, rischiano invece di far slittare tutto. Anzi, di mettere in pericolo un’intesa nei fatti già quasi siglata. Ai ricchi emiri del Golfo, da settimane a Roma per definire nei dettagli l’integrazione, non sono poi piaciute le riluttanze delle banche a fornire la liquidità (200 milioni) come previsto dal cda. Ritardi e ostacoli procedurali che, ne sono convinti a Palazzo Chigi, non danno una bella immagine del Paese. Letta però insiste, consapevole che per Alitalia non ci sono alternative e che fermarsi adesso, ad un passo dal traguardo, significherebbe davvero la fine della compagnia.