Dopo i dissidi degli ultimi mesi, Atm sarebbe pronta alla rottura con l'Associazione nazionale delle imprese del trasporto
Lo strappo tra Atm e l'Associazione nazionale delle aziende del trasporto pubblico locale (Asstra) si consuma sul contratto di lavoro, scaduto ormai da sei anni e causa di infiniti scioperi.
L'impresa non si sente rappresentata, «lamenta» una situazione migliore rispetto alle altre 1.200 aziende tpl italiane (di cui oltre il 70% ha bilanci vicini al fallimento) ed è pronta ad agire da sola, trattando in autonomia il contratto con i lavoratori. Stanca di scioperi che colpiscono la città di Milano in maniera troppo pesante rispetto a centri meno abitati - e dopo aver lavorato all'interno dell'Associazione trasporti affinché si creasse un gruppo di lavoro per le grandi città o per le aziende con margini economici rilevanti -, Atm ha deciso di dire di nuovo basta ad Asstra (era già successo sotto la giunta Albertini).
Troppo alto il prezzo pagato dalla città per le continue agitazioni del personale quando la trattativa a Milano potrebbe essere già chiusa e considerato anche il fatto che oggi, a Palazzo Marino, è in carica una giunta di centrosinistra, più vicina ai sindacati. I dissidi erano iniziati quando, a causa di livelli di spesa di Asstra, considerati inaccettabili da Atm, il presidente Bruno Rota si dimise dal ruolo di vicepresidente. Ma il problema maggiore riguardava le scelte non condivise.
Dalla mancata apertura di un tavolo di trattativa per rinnovare il contratto, fino alla ridefinizione dello stesso ruolo di Asstra, ente che fatica a capire i cambiamenti, con la necessità di tagliare i costi, schiacciata da una mancanza di risorse patologica. L'accelerazione di Atm - già annunciata informalmente ai sindacati prima di Natale - è economica e politica.
E ha l'obiettivo di evitare che alcune scelte a monte (come il contratto di lavoro continuamente rimandato) penalizzino le aziende più grandi (Atm conta 9.200 dipendenti, che si riflettono in spese associative elevatissime), esponendo Milano a proteste e rischi di ordine pubblico, come quelli dell'ottobre 2012, quando il sistema della mobilità cittadina, sotto stress, finì all'indice. Adesso c'è la disponibilità ad agire in solitaria, per chiudere una «drammatica» vacanza contrattuale durata troppo, sulla falsariga di alcuni accordi integrativi interni, a fronte di un recupero di produttività, già siglati da Atm.
La replica di ASSTRA allo strappo di ATM
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato di Asstra in risposta allo strappo mezzo stampa di ATM Milano dall'associazione
Abbiamo letto le dichiarazioni del presidente di ATM di Milano, pubblicate dal Corriere della Sera il 3 febbraio scorso nelle pagine della cronaca locale, a proposito dell’uscita di ATM dall’ASSTRA. A parte le frecciate nei confronti dell’Associazione che non ci interessa rilevare, quello che viene fuori da questa vicenda, è la fotografia al negativo dello strappo Marchionne/Confindustria.
Mutatis mutandis, tanto per far capire bene questa corrispondenza “al contrario”: Marchionne uscì da Confindustria per avere mano libera , anzi liberata, dal contratto dei metalmeccanici e fare a modo suo nei distretti produttivi italiani.
Motivo?
Abbassare il costo del lavoro nelle fabbriche italiane della Fiat. Il presidente di ATM dice di uscire da Asstra per liberarsi dal contratto di lavoro degli autoferrotranvieri , o quantomeno sfilarsi dalla sua trattativa, perché non vede l’ora di concludere il contratto di lavoro in ATM, costi quel che costi! tanto ATM se lo può permettere, essendo l’unica azienda sana delle circa 190 aziende di trasporto pubblico locale italiane associate ad Asstra. Tutte ree di essere un coacervo di incapaci, nella migliore delle ipotesi.
Non sta a noi giudicare le conseguenze dello strappo di Marchionne al sistema delle regole del lavoro e delle relazioni industriali del Paese.
E’ invece nostro compito parlare con chiarezza della situazione del contratto degli autoferrotranvieri e della situazione di un settore , che piacendo o no al presidente di ATM – che ammette di aver provato a fare un fronte comune contrattuale tra le aziende metropolitane, senza riuscirci - è sull’orlo del dissesto.
Lungi da noi entrare nella dialettica, irta di trabocchetti, populismi e mezze verità, dei buoni vs i cattivi gestori di bus, tram e metro.
La nostra esperienza dell’universo dei trasporti pubblici locali del paese, che rimonta al lontano 1947, ci suggerisce più che una cautela rispetto alla tentazione di liquidare in modo semplicistico la lettura attuale della crisi del sistema dei Trasporti Pubblici Locali (TPL) italiano, di cui la crisi del contratto nazionale non è che un aspetto.
Non è questo il luogo per fare una analisi dettagliata e storica di questa crisi. A chi fosse interessato, suggeriamo la lettura dell’inchiesta a 360° sul TPL pubblicata proprio dal Corriere della Sera in prima pagina nel luglio del 2013, una inchiesta premonitrice, come succede al grande giornalismo, che denunciava il crac del settore.
Da allora le cose non sono molto cambiate, purtroppo
Quell’inchiesta restituiva il quadro di una situazione difficilissima che riguarda le imprese di trasporto pubblico locale in Italia, che non hanno il bilancio col segno più come succede in ATM, come ribadito il 3 febbraio con orgoglio meneghino.
Insomma, un’Italia dei trasporti pubblici divisa a metà : da una parte ATM e dall’altra tutto il resto. Sicuramente ATM è una azienda efficiente che negli ultimi anni ha prodotto utili.
Un andamento positivo che in tanto è stato possibile, in quanto è stato sostenuto dalle scelte del comune di Milano, nonché proprietario dell’Azienda, che non ha mancato di mettere nelle mani della sua azienda nel corso degli anni delle leve fondamentali per far tornare i conti: la gestione della sosta, la gestione dei parcheggi, il servizio di rimozione dei veicoli, da ultimo il car sharing. Tutte attività che, come noto, sono molto redditizie e coprono le perdite che pure ci sono state per il servizio di T.P.L.
Inoltre ci sembra strano che nonostante da mesi l’ATM abbia affermato la propria volontà di uscire da ASSTRA, solo oggi comunichi “alla grande” uno strappo che ha già consumato. Sarà stata la pressione dello sciopero? Sarà il bisogno di scaricare questa tensione, in certi frangenti, su un soggetto esterno?
Di certo non aiuta l’atteggiamento, anche da parte di certa stampa, di chi trova scandaloso lasciare senza contratto 116.500 autoferrotranvieri dal 2007 (falso, il contratto è stato rinnovato in parte nel 2009) ma trova normalissimo che 3,5 milioni di lavoratori pubblici abbiamo il contratto bloccato da anni e per i prossimi anni!
Infine, Asstra è l’organizzazione meno costosa per una azienda di TPL di qualsiasi altra associazione nell’attuale panorama dell’associazionismo. Tanto dovevamo ad onor del vero.