Fin dall'inizio la cosa che più mi aveva fatto indignare in questa triste vicenda di rimborsi gonfiati e di segretarie compiacenti era stato l'assordante silenzio seguito alle gravi dichiarazioni rese agli inquirenti da Lucia Zingariello, l'assistente molto particolare dell'assessore alla Cultura, Luigi De Fanis. La signora aveva riferito che il suo capo la spronava a farsi bella recandosi dall'estetista anche in orario di lavoro, chiosando che in Regione nessuno si stupiva perché così fan tutti. Francamente mi aspettavo un diluvio di smentite e diffide, soprattutto dal presidente Gianni Chiodi o dall'ineffabile assessore con delega al personale Federica Carpineta, ora assurta agli onori delle cronache per i pesanti insulti che il di lei marito rivolge proprio al governatore attraverso Facebook (è una vicenda sulla quale abbiamo steso un pietoso velo). Adesso abbiamo appreso che la medesima Carpineta aveva provveduto ad assumere con regolare contratto a termine la sorella di Letizia Marinelli, consigliere regionale per le pari opportunità, nonché partner di Chiodi nella disgraziata notte nella stanza 114 dell'Hotel del Sole di Roma, con fattura pagata dalla Regione e contestata dalla magistratura. E allora, al di là dei fatti di rilievo penale su cui saranno i giudici a decidere, c'è una domanda che vorremmo aggiungere alle tante che verranno fatte oggi proprio a Gianni Chiodi in conferenza stampa.
Con quali criteri venivano scelte le persone da assumere a chiamata diretta, bypassando concorsi e procedure varie? Il tema del lavoro, come sanno i lettori, ci sta molto a cuore: scriviamo spesso di giovani bravissimi, con lauree con lode e master, costretti ad emigrare a migliaia di chilometri di distanza perché in Abruzzo non trovano nessuna opportunità. Come spiegare a questi ragazzi, oggi sottoposti con le famiglie a enormi sacrifici, che i meccanismi di selezione della loro Regione non erano esattamente il massimo della meritocrazia? Vorremmo una risposta (anche) a questa domanda: chissà perché, eravamo così ingenui da pensare che certe cose non succedessero più.