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Pescara, 25/11/2024
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Data: 06/02/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Rimborsopoli d'Abruzzo - Chiodi mostra i conti «Ridatemi la dignità». Il presidente indagato per peculato incontra i giornalisti: nessun raggiro e dopo la notte all’albergo del Sole non ho favorito la consigliera Marinelli. «Ho sentito Berlusconi, mi ricandido»

PESCARA «Non c’è accusa più infamante di passare per un presidente che fa la cresta sui rimborsi». E’ con il fascicolo colmo di ricevute posato sulla scrivania e gli appunti scritti a penna che Gianni Chiodi, il presidente della Regione indagato, ha tenuto un monologo di una trentina di minuti difendendosi dai capi d’imputazione («con artifici e raggiri ha omesso di...») dalle accuse di alberghi e ospiti in camera a spese della Regione per rispondere, poi, alle domande dei giornalisti arrivati da tutta Italia: «La mia vita personale? La sera torno a casa sereno perché ritrovo i miei affetti». Il monologo: «Non ho fatto la cresta». «Non ho lucrato sui soldi pubblici»: è stato questo il ritornello del governatore che in tre punti ha replicato alle accuse che i pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli gli contestano. «Il biglietto aereo pagato a mia moglie? Ho prodotto ai magistrati anche lo scambio di email con l’agenzia di viaggi e la copia del bonifico del mio conto». L’hotel del Sole a Roma in compagnia di una donna? «Mi si accusa di aver indotto in errore i funzionari omettendo di indicare che c’era un’altra persona», ha detto Chiodi. «La fattura dell’albergo è inequivocabilmente per due persone quindi non ho usato nessun artificio o raggiro: nessun rimborso indebito». Al presidente viene contestata una cifra sospetta per le missioni di 29 mila euro perché la procura, come ha spiegato, «dice che ho indicato una generica dicitura di incontro istituzionale». E’ questa la parte che vede Chiodi in missione a Nizza, Taormina, Arezzo, Parigi, Capri, a Roma per 164 volte: località che, come lui ha sottolineato, potrebbero essere scambiate per «mete turistiche» ma dove invece «sono andato per la Regione». Così, per 5 minuti il presidente ha fatto l’elenco abbinando località a finalità istituzionali: «A Capri per una riunione di Confindustria, a Taormina per un incontro dove c’era anche il ministro...» e concludendo: «Non ho approfittato dei fondi regionali se non per scopi istituzionali, anzi non sempre ho chiesto rimborsi: su 197 missioni ho chiesto rimborsi per 69 pasti, cioè un terzo dei pasti che avrei potuto chiedere». Quando Chiodi ha cenato in compagnia di altre persone, come nel caso del ristorante “Al vecchio porco a Milano”, ha raccontato di aver ospitato un assessore della Lombardia, un consigliere e due suoi collaboratori. «Cosa avrei dovuto dire: io mi faccio la mia fattura e voi la vostra? No, quelle erano spese di rappresentanza. Ho una dotazione di 50 mila euro di spese di rappresentanza e nel 2013 ho ridato indietro 47 mila euro, l’anno precedente 45 mila. Non ho fatto la cresta». Chiodi a confronto con i giornalisti sugli scandali rosa. Un bicchiere d’acqua e dopo 30 minuti il governatore ha accettato di rispondere alle domande dei giornalisti raccolti nella sede della Regione in viale Bovio. Il tema preferito? La notte trascorsa con il consigliere di Pari opportunità Letizia Marinelli e l’incarico ricevuto dalla donna dopo due mesi e, poi, l’altro incarico che riguarda la sorella di Marinelli, Simonetta, affidata alla segreteria dell’assessore Federica Carpineta. Un’ora di domande precedute da un invito alla stampa da parte del governatore: «Gli aspetti personali hanno il diritto di essere chiariti se hanno riflessi sul comportamento istituzionale. Mi riferisco alla vicenda che ha riguardato la consigliera e la sua nomina: non c’è stata nessuna influenza che potesse determinare un favoritismo. Questa è una conferenza che riguarda il presidente. Ora restituitemi la mia dignità». Presidente, parliamo della missione a Roma e dell’albergo del Sole. Ricorda il motivo istituzionale? «Sì, erano i giorni dell’Unità d’Italia, come ho detto ai pm. Ci furono in quelle due giornate molte manifestazioni e incontri, tra cui uno con il presidente della Repubblica». Fu Berlusconi a individuare la consigliera di parità per gestire i fondi per il centro antiviolenza all’Aquila? «E’ dai ministeri, nel caso di fondi ministeriali, che viene richiesto che i fondi vengano gestiti da persone attinenti alla sfera ministeriale. Quelli di cui parliamo erano fondi messi a disposizione dal dipartimento delle Pari opportunità: 3 milioni di euro come stanziamento nel 2009, governo Berlusconi. Poi, il dipartimento Pari opportunità ritenne coerente che fosse la consigliera di parità regionale a gestirli, cioè una delle venti nominate dai ministeri, e quindi non dipendente della Regione. Nell’ordinanza che precede il mio decreto fu scritto che i 3 milioni avrebbe dovuto essere gestiti così: 1.5 come soggetto attuatore dalla consigliera e l’altro dalla Curia. Mi si potrebbe dire come mai la Curia, questa potrebbe sembrare l’anomalia: ma fu una valutazione che venne fatta da parte di tutti i soggetti per la particolare situazione sociale dell’Aquila, e noi contavamo molto sull’apporto del mondo religioso. Il blocco della Corte dei conti riguarda la Curia e non la consigliera». Quindi è stato il governo a individuare la consigliera come soggetto attuatore o è stato lei? «No. Quello che proponevo era frutto di incontri, della maturazione di proposte, di un’attività concertata». Non trova imbarazzante il fatto che lei stesso abbia ricevuto dalla consigliera di parità – con cui si è scoperto avere una relazione – il progetto che riguardava questo centro? Non trova imbarazzante che una questione istituzionale abbia un risvolto privato? La consigliera avrebbe dovuto presentare il progetto a lei che, era... posso definirla l’amante? «Non è così. Ho sempre tenute separate le due questioni. I miei rapporti personali non hanno portato a favoritismi: l’imbarazzo l’ho provato per le cose che sono state scritte e non per me, perché il mio agire è stato corretto sotto il profilo politico e amministrativo. Nella vita di ciascuno è possibile che ci siano delle relazioni sentimentali, ma non è detto che sconfinino nella scorrettezza e nel favoritismo. Il mio imbarazzo non esiste: ho fatto quello che dovevo fare. Proverei imbarazzo se avessi fatto il contrario». Riguardo alla notte all’albergo del Sole, lei non fa cenno al fatto che la doppia a uso singola se viene occupata da due persone ha un sovrapprezzo. Non c’è traccia del sovrapprezzo di quella stanza e di chi l’ha pagata. «Il sovrapprezzo? Il prezzo è quasi identico e in alcuni casi, come in questo, è di circa 20 euro in più. Il sovrapprezzo è comunque negoziabile, dipende dalle giornate, dai periodi. Riguardo alla doppia, io non ho mai prenotato nulla se non per viaggi personali e non cambio le abitudini della Regione: alle prenotazioni ci pensano gli uffici». Nel 2013 è cambiata la normativa delle missioni imponendo un tetto di 250 euro. E’ stata una vostra iniziativa o ha è stato in seguito all’arrivo dei carabinieri? «La nuova normativa è del consiglio regionale. Riguardo a me, comunque, ho superato il tetto di 250 euro solo una volta a Torino all’albergo Principe di Piemonte. C’era il salone del libro e decisi di andare all’ultimo momento: i miei uffici chiamarono e, l’ultimo giorno, era tutto pieno e presero quell’albergo». Non le crea imbarazzo politico l’assunzione della sorella della consigliera di parità nella segreteria dell’assessore Carpineta? «Le segreterie degli assessori hanno il diritto per legge ad avere un proprio staff di natura politica, che è fiduciario. E quindi no, non mi crea imbarazzo e non sono intervenuto su questa questione». Si sente vittima di un agguato da parte dei pm? «La magistratura ha il dovere di verificare se queste cose sono vere o false. Sono convinto di aver spiegato tutto ciò: non ho approfittato dei soldi degli abruzzesi, ma ho usato i miei soldi per sopperire alle spese». Riguardo all’inchiesta, c’è qualcosa che si rimprovera? «Mi rimprovero molte cose nella mia vita ma non in questo caso. Ho dato l’anima, il cuore, tutta la mia capacità di lavoro: non posso essere considerato uno che fa la cresta di 300 euro». Con quale spirito rientra in casa la sera? «Potrei non rispondere a questa domanda ma lo faccio: con spirito sereno perché lì trovo gli affetti». Sul profilo Facebook di Letizia Marinelli molti abruzzesi si dicono indignati perché rimproverano a lei e alla sorella di aver usufruito di una corsia preferenziale. In questa regione tutti hanno pari opportunità? O la giustizia sociale è stata tradita? «Ma che giustizia sociale tradita! Per quanto riguarda Marinelli non è una scelta discrezionale, ma è avvenuta attraverso un numero di soggetti, il curriculum... Per la sorella, è stata una scelta discrezionale dell’assessore Federica Carpineta. Mi si potrebbe muovere la stessa obiezione per i miei collaboratori e, così facendo, la stessa domanda dovrebbe essere rivolta a tutti gli assessori italiani, a tutte le persone che svolgono ruoli politico- amministrativi». Sapeva che Marinelli aveva la possibilità di essere assunta? «Proprio perché c’era una situazione personale non ho influito». Sapeva che Marinelli aveva presentato la domanda? «Non lo ricordo, penso di sì». Non ne parlavate tra di voi? «No».

«Ho sentito Berlusconi, mi ricandido»
Il governatore non ha dubbi: correrà alle regionali di maggio, ma nella coalizione c’è freddezza

PESCARA Nella sintesi dei cronisti la frase suona così: «Ho sentito Berlusconi e non ho alcun dubbio sul fatto che sia io il candidato di centrodestra». In realtà il presidente della Regione Gianni Chiodi ha detto di aver sentito Berlusconi, ma non ha detto nè quando lo ha sentito nè che cosa si sono detti. È il governatore a non avere dubbi sulla sua ricandidatura («mi sento sereno, forte, tranquillo»), anche se lo aspetta una campagna elettorale «molto cruenta». Un’espressione adeguata ai tempi, che fa seguito a quell’annuncio di poche settimane fa sul rischio di «avvelenamento dei pozzi» elettorali («c’è chi assalta le diligenze e chi avvelena i pozzi», aveva scandito Chiodi citando il vecchio Nenni). «Noi siamo pronti ad affrontare la campagna elettorale», ha aggiunto il governatore, «pronti a fare una campagna che dica quelle che sono le cose fatte in Abruzzo e ciò di cui l'Abruzzo ha bisogno. Questa inchiesta rappresenta un problema politico serio» ha aggiunto, «ma la nostra compagine, sul piano politico, sui contenuti, su ciò che è stato fatto, è fiera. Ho dato anima, cuore, tutta la mia capacità di lavoro». Ad ascoltare la sua conferenza stampa, molto defilato, c’era il coordinatore regionale di Forza Itralia Nazario, Pagano (anche lui indagato nell’inchiesta Rimborsopoli), c’erano i collaboratori più stretti, pochi consiglieri regionali, qualche consigliere comunale pescarese. Chiodi dice di non avere dubbi sulla fiducia che gli confermerebbe Forza Italia, ma la discussione all’interno della coalizione è appena iniziata. Certo, nel centrosinistra potrebbe esserci Luciano D’Alfonso, un candidato, ha detto Chiodi, «che non ha completato il suo iter giudiziario», ma sarà sufficiente a bilanciare la perdita di immagine legata all’inchiesta Rimborsopoli? Questa vicenda lascerà comunque macerie, si ragiona nel centrodestra, anche se Chiodi dovesse risultare totalmente estraneo agli addebiti che gli rivolge la procura di Pescara. E le prossime settimane saranno decisive. Chiodi in questi giorni si è molto concentrato sulla sua vicenda giudiziaria, tralasciando gli impegni di governo e di partito. Ora dovrà per forza riprendere, sapendo che il tempo è poco e che c’è chi sta pensando di assaltare la diligenza.

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