PESCARA Una puntatina dall’estetista durante l’orario di lavoro. O magari al supermercato per un’altra «missione esterna». Il sospetto di scrivanie troppo spesso lasciate vuote negli uffici pubblici è stato avallato nelle scorse settimane da Lucia Zingariello: «In Regione è una consuetudine timbrare e uscire per faccende personali», ha ammesso candidamente la segretaria dell’ex assessore alla cultura Luigi De Fanis, finito agli arresti domiciliari per presunte mazzette. Era lui stesso a incitare la sua assistente molto particolare, non sapendo di essere intercettato dagli investigatori: «Vai a timbrare, esci, vai dall’estetista, poi ritorni ritimbri, basta che fi quattr’ore, chi ti conta la jurnata?». Lei «obbediva». Salvo poi giustificarsi: «Anche i miei colleghi si comportavano così e non credevo di fare nulla di male... ».
La Zingariello rientra nei ranghi del corposo personale a supporto degli organi politici della Regione: un esercito di portaborse, collaboratori e sottopancia a disposizione del Consiglio e della Giunta. Una minoranza di loro è interna all’ente o è stata distaccata da altre amministrazioni pubbliche; la maggioranza invece ha ottenuto un contratto a tempo determinato. Senza alcuna selezione pubblica. Un tipico esempio di assunzione a chiamata: gli incarichi sono elargiti dai politici, di destra-centro-sinistra, e sono a carattere fiduciario. I criteri meritocratici diventano quindi una pia illusione.
Il presidente del Consiglio abruzzese si avvale di dieci dipendenti, suddivisi nelle categorie B (applicato), C (impiegato di concetto) e D (funzionario); di questi dieci, sei sono «esterni», assunti cioé con contratto a tempo determinato. I due vice presidenti dell’assemblea ne hanno invece complessivamente nove, di cui tre «esterni». Quattro dipendenti (di cui tre con contratto a tempo determinato) sono poi a disposizione dei due consiglieri segretari. In totale fanno 23 unità in servizio. A cui si aggiungono le undici che collaborano con i presidenti delle commissioni consiliari. Per questo personale la Regione sborsa seicentomila euro l’anno in stipendi. E spende molto di più per pagare quanti lavorano nei gruppi consiliari: ben un milione 945mila 528 euro l’anno, spalmati tra 42 dipendenti, in gran parte «esterni» (30 contro i 12 a tempo indeterminato). Quel budget, che non può essere sforato, si calcola prendendo a riferimento il costo di un dipendente di categoria D6 (funzionario: 43 mila 233 euro annui) e moltiplicandolo per il numero di consiglieri (attualmente sono 45 ma dalla prossima legislatura scenderanno a 31). Ecco così i quasi due milioni di euro, distribuiti tra i quattordici gruppi. Il riparto in verità non è proprio proprozionale al numero dei consiglieri: Forza Italia ad esempio, con 14 rappresentanti, dispone di 235.908,10 euro annui contro i 125.581,55 euro spettanti ai Comunisti italiani con un solo consigliere. E questo perché, dopo lo scandalo di «Batman» Fiorito alla Regione Lazio, il decreto legge 174 del 2012 ha imposto una riduzione delle spese: per non licenziare nessun portaborse, e con la legislatura ormai agli sgoccioli, i gruppi consiliari abruzzesi più grandi hanno accettato di perdere una fetta dei fondi per salvaguardare i contratti del personale assegnato ai gruppi più piccoli, le cui disponibilità finanziarie non erano più sufficienti.
La politica sforna posti di lavoro anche nella Giunta regionale, con altre persone assunte presso le segreterie degli assessori. Che sia interno, distaccato o esterno, il dipendente a supporto degli organi politici è comunque tenuto a rispettare l’orario di lavoro. «Tutti devono timbrare il cartellino in entrata e in uscita - spiega il direttore del personale del Consiglio, dottor Paolo Costanzi -. Le assenze per ferie, malattia, permessi e missioni devono sempre essere autorizzate o giustificate». Chi se la squaglia o attesta il falso, ne risponde personalmente. Dopo la buriana di Rimborsopoli, chissà che non diventi più difficile fare il furbo.