PESCARA In principio fu il sondaggio, poi vennero le primarie, alla fine potrebbe decidere sempre lui, Silvio Berlusconi. Anche per quanto riguarda Pescara. Ma c'è un'ipotesi più affascinante che gira in città grazie alle voci di dentro: basta togliere l'ultima vocale per avere il nome in grado di mettere d'accordo tutti: Masci al posto di Mascia con buona pace di Testa. Di certo, domani il centrodestra pescarese ha in programma il conclave decisivo dal quale deve uscire il candidato sindaco al Comune condiviso dalla coalizione. Altrimenti si va a uno show-down mai sperimentato in Abruzzo, metodo che piace a quasi tutti (Ncd, Udc e Pescara Futura), mentre Forza Italia continua a tenere il punto su Luigi Albore Mascia e vede le primarie solo come extrema ratio. La riserva sarà sciolta solo al termine del sondaggio che il partito del Cavaliere sta ultimando in queste ore. Se i numeri diranno che Guerino Testa è davanti a Mascia, Berlusconi e Altero Matteoli, presidente della commissione elettorale del partito, ne prenderanno atto dando il via libera al presidente della Provincia dimissionario con riserva. Se invece il gap sarà minimo si andrà dritti alle primarie alle quali, però, Mascia e Testa non saranno soli, ma in compagnia del classico terzo incomodo ovvero il candidato di Pescara Futura Berardino Fiorilli. Quest'ultimo può arrivarci a fari spenti, senza essersi logorato in un estenuante botta e risposta, come è accaduto a Mascia e Testa che di recente se le sono date di santa ragione a causa del sondaggio sul web lanciato dall'ex presidente della Provincia. La vera paura nel centrodestra è quella di perdere tutto il banco sia alla Regione sia a Pescara. Nel primo caso, col ritorno di Luciano D'Alfonso, Forza Italia non si fa molte illusioni sulla possibilità di fare il bis, di conseguenza nel secondo caso c'è la necessità di trovare un uomo forte per non mollare il Municipio adriatico. Ecco perché nelle ultime ore ha preso corpo la candidatura di Carlo Masci. L'interessato non muore alla voglia di fare il sindaco, preferisce completare il lavoro di risanamento iniziato da assessore regionale, magari anche come semplice consigliere. «Non mi sento il salvatore della patria, - commenta - il ruolo proprio non mi si si addice. Per me il sindaco uscente ha tutto il diritto di riprovarci, l'importante è non spaccarsi per non fare il gioco dell'avversario. Comunque, se per giovedì non si trova la quadratura, le primarie vanno benissimo per dirimere la questione». In questo momento per lui rinunciare alla Regione è un sacrificio, se proprio deve farlo vuole precise garanzie. Vuole, cioè, un'investitura piena dalla coalizione dall'inizio alla fine della campagna elettorale, non come quella del 2003 quando fu impallinato dal voto disgiunto al primo turno e dai veti interni al ballottaggio. La ferita di undici anni fa non si è mai cicatrizzata sulla pelle di Carlo Masci. Ma dalla sua ha una carta che le due anime del centrodestra non hanno: un solido bacino elettorale, radicato in città, che potrebbe dargli la spinta decisiva. Ma per il passo indietro di Mascia occorre un incentivo che, allo stato attuale, è difficile da trovare.