PESCARA La politica come ufficio di collocamento. La parola d’ordine che, anche in tempi di crisi e disoccupazione galoppante, schiude le porte delle amministrazioni pubbliche è «incarico fiduciario»: consente di essere assunti senza dover superare prove e concorsi, ma semplicemente grazie alla «chiamata diretta» da parte del politico di turno. Dietro quella parola passepartout si sono ultimamente blindati gli amministratori regionali coinvolti nell’inchiesta Rimborsopoli e nel parallelo scandalo degli incarichi sotto le lenzuola. In Regione sono più di cento le persone che lavorano nelle segreterie politiche. Costano ogni anno, in stipendi, la bellezza di quattro milioni di euro. L’esercito dei portaborse del Consiglio è distribuito tra l’ufficio di presidenza e i gruppi consiliari. Il presidente dell’assemblea dispone di dieci collaboratori, di cui quattro interni all’ente o distaccati da altre amministrazioni pubbliche, e sei esterni, ossia assunti con contratti a tempo determinato. Nove dipendenti collaborano con i due vicepresidenti del Consiglio, quattro con i due consiglieri segretari e undici con i presidenti di commissione. Quarantadue invece sono le unità in servizio presso i gruppi consiliari.
Non lesina sulle assunzioni neppure la Giunta. Il personale a supporto del presidente è costituito da quattro unità interne e otto esterne, mentre quello in servizio nelle segreterie degli assessori include diciotto dipendenti interni, sedici esterni e sette «comandati». La spesa sostenuta nel 2013 per il solo personale a tempo determinato è stata di un milione 525mila 278 euro, che va ad aggiungersi al milione 945 mila 528 euro sborsato per i portaborse dei gruppi consiliari e ai seicentomila euro pagati per quanti operano nell’ufficio di presidenza del Consiglio.
La politica come fabbrica di posti di lavoro balza fuori anche da una recente indagine condotta a livello nazionale dalla Uil. Nel Belpaese sono più di un milione le persone che traggono una fonte di guadagno da ruoli legati alla pubblica amministrazione. «L’Abruzzo rispecchia l’andamento nazionale - afferma Fabio Frullo, segretario regionale della Uil Funzione pubblica -. Dal nostro studio emerge che, dai consulenti ai portaborse, oltre un milione di italiani vivono di politica. Oggi il nostro Paese non può più permettersi questo lusso. La politica come lavoro non è più concepibile, né per chi è eletto né per chi gli ruota attorno». In tempi di vacche magre occorre stringere la cinghia: tagliando le retribuzioni dei politici e imponendo una cura dimagrante anche agli stuoli dei portaborse. «È ora di dire basta alla prassi consolidata per cui gli eletti si portano dietro assistenti e segretari - prosegue Frullo -. I politici possono benissimo trovare assistenza amministrativa tra il personale di ruolo. Negli enti pubblici non mancano infatti le professionalità qualificate. Oltre tutto i dipendenti esterni sono reclutati senza selezione preventiva, ma a chiamata diretta. Violando così un principio sacrosanto sancito dalla Costituzione italiana». Che all’articolo 97 così recita: «Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge». E quel «salvo» è diventato col tempo il grimaldello per scassinare le piante organiche delle pubbliche amministrazioni.