MONTESILVANO Passerà alla storia (recente) di Montesilvano come la congiura delle sfogliatelle, frolle e ricce. Dopo i dolci dell’Oro di Napoli e i caffè del bar Saquella, in piazza Salotto a Pescara, i 13 consiglieri comunali di Montesilvano si sono chiusi nello studio del notaio Grazia Buta per 41 minuti: tanto è bastato per firmare, su un foglio protocollo, le dimissioni e far cadere l’amministrazione Di Mattia ad appena un anno e 9 mesi dalle elezioni comunali. Il centrosinistra, che ha perso pezzi giorno dopo giorno, non ha resistito all’ultima protesta legata all’introduzione della tassa di soggiorno per gli alberghi ed è crollato come un castello di carte al vento: una bomba per il sindaco Pd Attilio Di Mattia che ieri è rimasto chiuso in casa e in silenzio. In 24 ore i rapporti di forza si sono rovesciati e l’opposizione è diventata maggioranza con i soliti numeri, 13-12. Insieme al centrodestra, sono due i protagonisti della sfiducia Di Mattia, ormai ex sindaco di 36 anni, arrivato per cambiare la città simbolo delle inchieste giudiziarie sulla cosa pubblica e mandato via in un lampo: Deborah Comardi di Sinistra unita, passata all’opposizione dopo le liti con i consiglieri Pd Fabio Vaccaro e Daniele Scorrano per la presenza della mamma Jacqueline Kennedy Pettine nell’ufficio del Comune, e il presidente del consiglio Fabio Petricca (indipendente). «È stata una decisione sofferta perché sapevo di essere determinante», spiega Petricca a firma ormai apposta, «ma la mia coscienza e il mio rispetto verso i cittadini l’hanno avuta vinta. Avevo creduto in Di Mattia e nel suo programma di governo, lo avevo sostenuto con convinzione, ma questi primi venti mesi di amministrazione hanno deluso me, ma soprattutto i miei concittadini». Petricca disegna un’amministrazione allo sbando: «Nulla di quello che ci eravamo ripromessi di fare è stato fatto, anzi è stato fatto esattamente il contrario. Non potevo permettere che un altro balzello, come la tassa di soggiorno, fosse inserito in una città che dovrebbe avere nel turismo il proprio settore di punta, così come era anche stato scritto nel programma elettorale. So di aver fatto una scelta difficile, so che mi sarebbe convenuto restare seduto sulla comoda e remunerata poltrona del presidente del consiglio, ma la mia dignità non ha prezzo». Gli altri dimissionari sono: Carlo Tereo de Landerset, Lorenzo Silli, Francesco Maragno, Manola Musa, Ottavio De Martinis, Paolo Cilli, Vittorio Catone, Umberto Di Pasquale, Claudio Daventura, Ernesto De Vincentiis e Paolo Di Blasio. Le dimissioni firmate davanti al notaio saranno portate, oggi, al segretario generale Alfredo Luniver e l’amministrazione sarà sciolta. Senza più sindaco, Montesilvano tornerà al voto il prossimo 25 maggio in concomitanza con le elezioni regionali. Fino ad allora, la città sarà amministrata da un commissario prefettizio. Ieri, a benedire la passerella dei 13 in piazza Salotto, anche il presidente del consiglio regionale Nazario Pagano, presidente abruzzese di Forza Italia, e il consigliere regionale Lorenzo Sospiri: «Di Mattia e la sua maggioranza hanno fallito sin dall’inizio e spinto la città verso un punto di non ritorno con atti di indirizzo disastrosi. Da tempo», dicono Pagano e Sospiri, «Di Mattia aveva messo in ginocchio la città, non solo con la sua perdurante assenza, ma proponendo provvedimenti amministrativi insensati e privi di logica, come l’approvazione di una tassa di soggiorno che avrebbe soltanto stroncato il principale comparto economico: il turismo». Troppo presto per dire cosa accadrà: il centrodestra, parafrasando il cartello «Montesilvano derazzistizzata» messo da Di Mattia all’ingresso della città, ha festeggiato la «demattiizzazione» del Comune ma la strada da seguire per scegliere il candidato sindaco potrebbe essere quella delle primarie. Da Roma si fa sentire anche la senatrice del Nuovo centro destra Federica Chiavaroli: «Siamo pronti a scendere in campo», dice, «rendendo i montesilvanesi nuovamente protagonisti delle scelte, a partire dal candidato sindaco». Con il tradimento di ieri, finisce l’era Di Mattia: un’amministrazione che ha sempre dovuto fare i conti con i piccoli numeri. Infatti, il 21 maggio 2012 Di Mattia ha vinto al ballottaggio per soli 1.474 voti su Musa, in un’elezione segnata dall’astensionismo di massa con 7.638 montesilvanesi che si sono rifiutati di tornare a votare dopo il primo turno (quasi ventimila quelli che hanno disertato i seggi). La maggioranza arcobaleno _ dal Pd a Fli fino a Udc, Idv, Sel e Comunisti italiani, più le liste civiche Montesilvano Bene Comune, Essere Montesilvano, Giovani per Montesilvano e Popolo di Montesilvano _ si è rivelata impossibile da tenere insieme nonostante le promesse all’ultimo conclave di maggioranza dello scorso primo febbraio all’hotel Villa Maria di Pescara. «Chi vince non è sempre vincente», ora così Musa si prende la sua rivincita. «Finalmente la nostra città è libera», commenta Cilli, «abbiamo decretato la fine di un’amministrazione inetta che ha provveduto solo a innalzare le tasse». «Pensando al bene della città e non preoccupandoci minimamente di mantenere una poltrona», dice De Martinis, «abbiamo rassegnato le nostre dimissioni». «La firma più bella che potessi mettere», per Catone, «abbiamo mandato a casa il sindaco degli sprechi e delle tasse». «Una coalizione senza progetto», dice Corrado Di Sante di Rifondazione comunista e In movimento per i beni comuni, «una sommatoria di personalismi, piccoli e grandi interessi che si sono retti solo sull’elargizione di poltrone e incarichi. Doveva cambiare tutto, non è cambiato nulla. Il capolinea è il prodotto delle liste, tanto nel centrosinistra quanto a destra, popolate di trasformisti, indagati e condannati, del fatto che evidentemente centrosinistra e destra a Montesilvano hanno preferito la continuità con il passato. Per noi la questione morale resta la prima». «Non è stato all’altezza il sindaco, ha fallito la sua coalizione», per Fratelli d’Italia che ora chiede «un percorso unitario del centrodestra».
«Un fulmine a ciel sereno» Il sindaco quasi non ci crede
Chiuso in casa, parla solo attraverso l’ufficio stampa: «Sto cercando di capire» I suoi 19 mesi, dalla revoca dell’appalto sui rifiuti allo scivolone sugli albergatori
MONTESILVANO È rimasto chiuso in casa per tutto il pomeriggio di ieri. Non una dichiarazione, ma solo riflessione, come fa sapere attraverso il suo ufficio stampa alle 18: «Stiamo cercando di capire, è stato un fulmine a ciel sereno». Attilio Di Mattia, il montesilvanese che a 35 anni, dopo anni di studio e lavoro all’estero (master in Business administration negli Stati Uniti e impieghi per colossi della finanza a New York, Los Angeles, Ginevra e Vienna) aveva coronato il sogno di diventare sindaco della sua città il 21 maggio del 2012 con l’Idv (salvo passare pochi mesi dopo con il Pd di D’Alfonso), ieri mattina è stato svegliato di soprassalto dal «golpe» di fatto messo a segno dal presidente del consiglio comunale Fabio Petricca e dalla consigliera di Sinistra Unita Deborah Comardi (quest’ultima già contro dalla fine di novembre quando non aveva votato il bilancio): con le loro dimissioni in appoggio a quelle dell’opposizione gli hanno consentito di raggiungere la maggioranza e disarcionare il sindaco. Il pretesto sventolato da Petricca e Comardi (ieri mattina accompagnata dal padre Aurelio Colangelo, architetto e signore dell’edilizia montesilvanese) è la tassa di soggiorno che Di Mattia si era messo in testa di applicare ai turisti in vacanza a Montesilvano. Ma a rileggere le cronache di questi 19 mesi di governo c’era da immaginarselo. E alla fine, quello che si è abbattuto come un fulmine a ciel sereno sullo stesso Pd (si racconta di forsennati scambi telefonici dell’ultim’ora e di un D’Alfonso che ieri mattina si è precipitato a Montesilvano per salvare il salvabile) era una fine già scritta. Il ragazzo pieno di entusiasmo, che sul sito del Comune scriveva «ho nutrito con studi e dedizione la mia passione per la politica come servizio alla comunità», che nel 2009 viene eletto consigliere provinciale e poi, per le amministrative di Montesilvano vince le primarie del centrosinistra e diventa sindaco, non ha avuto il polso della situazione. Non ha capito, mentre lanciava le sue battaglie antirazziste e di aperture al nord Europa (vedi il Comune derazzistizzato e i box del sesso) che gli si stava sgretolando il terreno sotto ai piedi. E questo già alla fine di ottobre quando, a ridosso del rimpasto che ha visto ’Nduccio entrare come assessore al posto di Iovine e poi Rosanna Pagliuca (Sinistra ecologia e libertà) al posto di ’Nduccio, la sua maggioranza perse i primi pezzi, Carlo Tereo de Landerset e Lorenzo Silli. Per i quali, a far traboccare il vaso, era stata la scelta di Di Mattia di allontanarsi dalla città pensando che collegarsi in audioconferenza, o portare la sua maggioranza in conclave a telefonini spenti (come ha fatto a gennaio) potesse bastare. E invece era già in caduta libera Di Mattia che con la stessa naturalezza con cui pensava di governare per un po’ la città in audioconferenza, aveva anche revocato l’appalto da 30 milioni di euro, perché giudicato troppo costoso per le casse comunali, alla Rieco, la società del gruppo Di Zio che aveva vinto l’appalto e che per questo avviò poi un contenzioso giudiziario con il Comune. Di Mattia, che per Montesilvano aveva il sogno di realizzare un mega impianto di biodigestione con un importante gruppo israeliano, rendendola definitivamente autonoma, alla fine è caduto sugli albergatori, l’anima della sua città.