«L’ultima (in ordine cronologico) tegola per Atac viene dal passato remoto: l’azienda è stata condannata a pagare 94 milioni di euro alla Tevere Tpl, società che tra il 2005 e il 2009 ha gestito i «servizi accessori» messi a bando dalla municipalizzata di via Prenestina. Si parla di linee periferiche e notturne, per un importo da 400 milioni di euro. Tevere Tpl (composta da Sita, Apm e Cotri) l’ha sempre fatta da padrone: sia con la giunta Veltroni e la «vecchia» Atac (quella prima della fusione con Trambus e Met.Ro), sia con l’avvento del centrodestra. Tevere Tpl ha solo cambiato dicitura sociale, diventando Roma Tpl (fuori Sita, dentro Marozzi), ma ha rivinto la gara indetta dalla giunta Alemanno.
Emerge il nuovo guaio per l’ad di Atac Danilo Broggi che da luglio è seduto su una sedia che scotta: «Specie all’inizio - ha raccontato una volta al Corriere della Sera - non mi fidavo di nessuno...». Difficile dargli torto. Ovunque ti giri, dai conti e dai contenziosi dell’azienda saltano fuori «sorprese» poco piacevoli. Come questa dei 94 milioni, che hanno un iter piuttosto lungo e complesso. Tutto nasce dal lodo arbitrale richiesto dalla Tevere Tpl sul bando da 400 milioni per gli anni 2005-2008, poi prorogato fino a tutto il 2009. E nel 2010 il collegio composto da tre arbitri (gli avvocati Vinti e Tedeschini, uno per i privati l’altro per il Comune; il presidente era Vincenzo Nunziata, all’epoca capo di gabinetto del ministro Gelmini) dà ragione a Tevere Tpl: 31,7 milioni per l’adeguamento dei prezzi del bando, altri 85 per la proroga del 2009. L’Atac (ad Massimo Tabacchiera) fa ricorso, ma il Comune - con l’allora assessore Sergio Marchi - decide di transare, offrendo 65 milioni.
Danilo Broggi, ad AtacCifra che viene inserita nel Bilancio 2012, «spalmata» in cinque rate. Ma, saltato Marchi, si cambia ancora. Il nuovo assessore Antonello Aurigemma sospende quel pagamento e chiede un parere all’Avvocatura del Campidoglio (il capo era Andrea Magnanelli). La risposta? «Il lodo arbitrale - la sintesi - non era lo strumento per comporre la faccenda, Atac ha fatto tutto da sola. Un eventuale accordo bonario si sarebbe potuto raggiungere su cifre molto più basse». Anche il capo dell’Avvocatura poi cambia e cambia anche il colore della giunta comunale: fuori Alemanno, dentro Marino e il centrosinistra. La causa che viene dal passato, però, va avanti. E, alla fine, piomba sulla testa di Broggi e - seppur indirettamente - sull’assessorato alla Mobilità di Guido Improta che ordina subito un’istruttoria interna al dipartimento.
La sentenza di condanna della Corte d’appello non lascia scampi e getta la croce sugli avvocati difensori di Atac: «C’è stata una negligenza nella stima da pagare». Che è stata calcolata non su dati certi ma «teorici, non supportati da documenti comprovanti i reali consumi di carburante o dei chilometri percorsi, senza verificare le fatture pagate». Il problema, dunque, è di procedura giuridica: il lodo non andava dichiarato inammissibile, ma contestato nel merito. Atac e Campidoglio non l’hanno fatto, e ora ne pagano le conseguenze.
Tutto mentre, al Senato, si discute il salva-Roma, con gli emendamenti Lanzillotta/Santini sulla privatizzazione dei servizi pubblici. La discussione è slittata a martedì, uno dei firmatari (Verducci, Pd) si è «sfilato». Ma la battaglia continua.
ATAC/Improta: “Privatizzazione? Avverrà quando deciderà l’Ue”
«Privatizzazione? Quello che vale non è l’azienda, ma la domanda di trasporto pubblico locale dei cittadini di Roma e il disegno strategico che abbiamo dato alla città con il Piano generale del trasporto pubblico.
C’è un mercato significativo, in cui tantissimi operatori sia nazionali vogliono entrare.
Noi vogliamo farli entrare ma al momento giusto e nel modo giusto. Non adesso, ma quando l’Unione europea deciderà che ciò debba avvenire».
Cosi l’assessore alla Mobilità di Roma Capitale Guido Improta, rispondendo a una domanda sulla possibile privatizzazione di Atac in tempi brevi, al termine dell’incontro con la delegazione del sindacato Cambia-menti, guidata dal presidente Micaela Quintavalle.