I sondaggi su Lorella Cuccarini, la più amata degli italiani, non hanno mai provocato crisi isteriche. Nemmeno di tutte quelle mamme che in cucina hanno trascorso una vita intera. Loro sì che avrebbero avuto il diritto di reclamare. In principio fu Luttazzi a farci credere, con la sua mitica hit parade radiofonica, che un disco vendeva più degli altri. Nessuno osava contraddirlo. La parola di Lelio era vangelo. Da diversi anni, poi, non c’è giorno che non si legga di classifiche sul cane più intelligente, del cantante con l’acuto più potente o del sindaco più o meno amato. Puntualmente, i commenti, arrivano sempre da chi è in vetta alle classifiche. Tutti gli altri tacciono. Pronti poi a intervenire quando qualche altro mago della comunicazione li ripesca dal fondo e li riporta miracolosamente nell’Olimpo. Ma sì, un gioco che lascia il tempo che trova. I sondaggi valgono meno di un attimo e qualche volta ci azzeccano pure. Chi non ricorda con simpatia quando Emilio Fede fu costretto a ritirare, in gran fretta, le bandierine azzurre piazzate qua e là sul suo risico politico-regionale?
In questi giorni nell’Abruzzo gossipparo e pre elettorale, oltre a tante cose che non si possono raccontare, svolazzano i sondaggi più disparati e tra questi anche un’indagine non ufficiale (almeno noi de «Il Tempo» non ne conosciamo la paternità) che dà la coalizione di centrodestra in calo e il centrosinistra in aumento. Ecco, diciano forse un umore facilmente riscontrabile da tutti in strada, nei bar e nelle piazze. Almeno da quando «Rimborsopoli», definita da questo quotidiano «inchiesta ad orologeria», non ha preso tutta un’altra piega. Pecoreccia e hot. E non per colpa di qualche cattivo sondaggista, ma per responsabilità di chi ha deciso di dare gli affari suoi in pasto all’opinione pubblica. Ieri, dopo la pubblicazione di percentuali più o meno discutibili, è scattata la reazione spropositata di chi è stato dato per perdente. Uno scatto d’ira che fa sorgere un dubbio: ma quei numeracci da strapazzo non è che sono veri?