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Pescara, 25/11/2024
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19/02/2014
Il Messaggero
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Un alieno a Montecitorio «Scusi, per dove si passa?». Renzi al lavoro nella stanza di Bersani e a tutti ripete: «Correre, correre, correre». L’abbraccio con il grillino ex compagno
di scuola: «Di nascosto sennò ti rovino...» |
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La sala del Cavaliere è la stessa in cui Pierluigi Bersani, da premier incaricato, tentò di allestire il «governo di cambiamento». Con il risultato che venne cambiato lui. E arrivò Letta. «Ma quante volte vi devo dire che non sono superstizioso?». Matteo respinge il parallelo spaziale, e non politico, con Bersani. Il «correre-correre-correre» - «Con Api si vola!», scherza il premier incaricato incontrando la delegazione di quel partitello infinitesimale ma voglioso di dire la propria sui destini del Paese - è una sorta di incitamento e auto-incitamento con cui Matteo cerca di scongiurare l’immagine di lentezza, o almeno di minore speditezza rispetto ai ritmi nella formazione del governo che ci si sarebbe aspettati da un velocista qual è lui, che è tipica di questi riti del Palazzo. Un luogo, Montecitorio, dove Matteo all’inizio si muove da estraneo. Si gode la sua condizione di marziano. E «scusi, per dove si va?», chiede il premier incaricato mentre cammina lungo via della Missione per trovare l’entrata del Palazzo. Totò, che non è Renzi, diceva in situazioni simili: «Per andare dove devo andare da dove devo andare?». Alla Camera, Renzi è stato poche volte. Giusto per qualche assemblea di deputati. Ora, eccolo. I commessi gli indicano luoghi e percorsi. Lui si piazza al primo piano nella sala del Cavaliere («Oh, ragazzi, nessuna battuta inutile, questa mica si chiama sala Berlusconi») e davanti all’uscio di questa grande camera c’è appeso alla parete un dipinto che raffigura Napoleone. Matteo Bonaparte? Renzi imperiale? Ma figuriamoci. Nessuno avrebbe detto a Napoleone ciò che ieri ripetute volte è stato domandato a Matteo: «Ma come farai a fare una grande riforma al mese?». «Faremo tanti ddl», risponde lui, l’alieno del Palazzo, il Marziano del «correre-correre-correre». Il fidatissimo Lorenzo Guerini, che è al suo fianco e appunta su un computer tutte le richieste e le condizioni avanzate dai vari partiti insieme a Graziano Delrio che invece ascolta in questa lunga giornata di consultazioni, cerca di spiegare a Matteo e a chi come lui considera i ddl rapidi come il Frecciarossa: «Per fare le riforme in fretta, come vogliamo noi, occorre modificare i regolamenti parlamentari». Ma Renzi con queste materie tecniche comincia soltanto adesso a dover fare i conti. E con i giornalisti? DEPISTAGGI
Quelli li conosce bene. All’ora di cena, quando Matteo lascia Montecitorio, per andare a piedi al Nazareno, cameraman e cronisti lo aspettano all’uscita del garage, dove lui aveva finto di dirigersi dimostrando di aver imparato abbastanza presto i segreti del luogo, e invece cambia direzione di colpo. Svicola da una porticina laterale, e via. A un deputato grillino, Massimo Artini, che fu suo compagno di scuola, Matteo intanto ha detto in un corridoio: «Ti abbraccio di nascosto, sennò ti rovini la carriera». Molto più seriamente, il profilo da premer che Renzi ha scelto di adottare somiglia a quello del sindaco d’Italia. Che sta sempre in mezzo alla gente. Percorre il Paese su e giù. «Chiuso nel Palazzo? Ma figuriamoci!». Ogni settimana sceglierà una regione in cui passare una mezza giornata. Per rendersi conto delle cose da vicino, e per essere percepito vicino. Il format confidenziale è poi quello che gli riesce meglio. Perfino dentro il Palazzo. «Presidente?», gli chiede un commesso di Montecitorio. E lui: «No, per carità, non mi chiami così». Basta chiamarlo Matteo. I PERICOLOSI
Sale in ascensore con i giornalisti e scherza: «Siete very dangerous». Poi tira fuori il cellulare dalla tasca del cappotto e quando capisce di non avere campo, stupito, si rivolge ancora una volta all'assistente parlamentare: «Ma qui non prende...Ci siamo persi Graziano Delrio...». «No - è la pronta rassicurazione - Delrio è già arrivato e la sta aspettando». Dove? Nella sala delle consultazioni. Nella quale Renzi prende nota su un foglio quando i leader e i liderini dei partiti e dei partitelli vanno a conferire con lui. Qualcuno porta anche piccoli doni. Il presidente di Centro democratico, Pino Pisicchio, gli regala un «Prontuario per un politico provetto», scritto di suo pugno. Mario Ferrara di Gal - berlusconiani disposti a baciare il Rospo Matteo - gli consegna invece un pamphlet dal titolo «Allegro, ma non troppo». Scritto a suo tempo dal grande economista, spiritosissimo, Carlo Maria Cipolla. Renzi si sofferma sulla «prima regola fondamentale della stupidità» e la giudica un giusto allarme da tenere in considerazione nel difficile compito da premier: «Sempre e inevitabilmente, ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione». La stoltezza può abbattere anche l’esecutivo meglio attrezzato? Ma certo. E non c’è Renzi Napoleone che tenga. Durante la pausa pranzo esce dalla Camera, per mangiare un riso in bianco, e fa perdere le proprie tracce a bordo di una Bmw grigia. Torna un paio d'ore più tardi, per riprendere le consultazioni. Oggi altro lavoro. «Ma poi farò una scappata a casa mia, a Pontassieve, perchè ho i figli che hanno la febbre». Il format da pop-premier funziona così.
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