ROMA Dopo la cura dimagrante dei ministeri, il governo di Matteo Renzi diventerà paffuto e grassottello con la nomina, tra domani e mercoledì, di viceministri e sottosegretari. Il Renzi Uno ingrosserà le sue fila non solo per soddisfare la fame di poltrone di partiti, partitini e correnti, ma anche e soprattutto perché con appena 16 ministri, molti giovani e inesperti, il lavoro duro e sporco dovrà essere affidato allo squadrone di sottogoverno. Si parla di un’infornata di nomine vicine a quota sessanta (con Letta erano 40). «Il Parlamento dovrà lavorare a ritmo renziano», dicono a palazzo Chigi, «con viceministri e sottosegretari all’opera almeno sedici ore al giorno in Parlamento e nelle Commissioni permanenti».
LA TRATTATIVA
La trattativa, che Renzi ha affidato al suo braccio destro Lorenzo Guerini e al sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio, entrerà nel vivo questa mattina. L’intenzione del premier è di renzianizzare l’esecutivo, nominando diversi fedelissimi. Tra questi ci sono Roberto Reggi (ex coordinatore della campagna delle primarie), Ernesto Carbone (quello che a Renzi presta la Smart), il fedelissimo Angelo Rughetti, David Ermini, più la riconferma alle Infrastrutture di Erasmo D’Angelis. Un renziano, tra Luca Lotti e Matteo Richetti, dovrebbe ottenere la delega ai Servizi segreti, a meno che il premier non decida di confermare l’uscente Minniti. Si scaldano anche i renziani milanesi Pier Francesco Maran (attuale assessore ai trasporti) Maurizio Baruffi (capo di gabinetto del sindaco Pisapia) e Lia Quartapelle.
LE CORRENTI
Le altre correnti Pd non stanno a guardare. Ad esempio i bersaniani e i cuperliani in queste ore hanno avanzato le candidature di Nico Stumpo, Alfredo D’Attorre, Davide Zoggia e Susanna Cenni. Dove non l’hanno detto. L’importante è esserci. Una partita delicata è quella che riguarda i “piccoli”. In particolare i Popolari per l’Italia. A Mario Mauro è stata tolta la Difesa e ora Renzi sta cercando di ricompensarlo, dato che il partito dell’ex ministro è determinante per avere la maggioranza in Senato. Tant’è, che i Popolari vicini a un incarico sono tanti: Carlo Calenda (riconfermato viceministro allo Sviluppo), Andrea Olivero (proposto al Welfare), Angela D’Onghia, Mario Giro (uscente agli Esteri), Luigi Marino e Aldo Di Biagio. Il problema è che sono tanti e che molti sono senatori. Ebbene, visti i numeri pericolanti, Renzi preferisce non assottigliare la maggioranza al Senato.
C’è poi l’ingorgo per l’Economia, dove per un posto da vice sono in pole Enrico Morando (Pd, apprezzato dal premier e da Napolitano) e Luigi Casero (Ncd), più i sottosegretari uscenti Pier Paolo Baretta (Pd, Areadem), Alberto Giorgetti (Ncd) e la new entry Benedetto Dellavedova, (Scelta civica). E c’è il problema dei ministri senza esperienza. Quelli cui affiancare una balia. E’ il caso di Federica Mogherini (Esteri) che dovrebbe essere sostenuta con la riconferma dell’attuale viceministro Lapo Pistelli, con la nomina del socialista Riccardo Nencini e della democrat Stefania Pezzopane. L’importante delega all'Europa (a luglio comincia il semestre italiano di presidenza) potrebbe invece andare al ministro uscente Enzo Moavero, nel ruolo di sottosegretario alla Presidenza. Ma lui resiste.
Funzione di balia (questa volta per Federica Guidi) anche allo Sviluppo, dove oltre a Carlo Calenda dovrebbe essere confermata Simona Vicari (Ncd) e il tecnico Claudio De Vincenti. Ci sarà bisogno di “soccorso” pure per la giovane Maria Elena Boschi che oltre alle Riforme ha la delega ai Rapporti con il Parlamento. I nomi più accreditati, quelli dell’esperto Giampaolo D’Andrea (Pd) e di Giovanni Legnini che dovrebbe essere riconfermato anche sottosegretario all’Editoria. Un aiutino dovrà averlo lo stesso Renzi, che dopo aver cancellato i dicasteri della Coesione territoriale e dell’Integrazione, sta cercando qualche sottosegretario simil-ministro cui affidare le deleghe soppresse.