Dipendenti Atac troppo cagionevoli di salute. Mediamente ogni giorno 1.400 persone, tra impiegati, autisti, operai e macchinisti, legittimamente presentano certificati medici e di altro tipo, come quelli per l’assistenza al familiare disabile, permessi vari, restando a casa. Assenti giustificati. Un turnover che decurta la forza lavoro di una percentuale che va da una media giornaliera del 15 per cento, con un picco del 22 per cento registrato lo scorso agosto, mese in cui c’è stata una vera e propria epidemia. Ma non è tutto perché a questi numeri si aggiungono gli autisti che chiedono l’inabilità alla guida, schizzati verso l’alto negli ultimi tre anni e i cosiddetti «liberi con paga», ovvero gli autisti che sono di turno, ma per i quali non c’è un mezzo da guidare. E così, meglio lasciarli a casa, liberi dal servizio. Un paradosso previsto dal contratto, innescato, per esempio, dall’eccesso di mezzi che sono in manutenzione nelle officine. Il risultato finale è che l’Atac, pur disponendo di una forza lavoro eccezionale, non riesce a programmare a dovere attività come il potenziamento delle corse, o l’aumento dei controllori sui mezzi, o l’impiego di personale alle stazioni.
GLI AUTISTI
Dei 6.500 autisti assunti dall’azienda, quindi circa 970 restano a casa ogni giorno. A questi si aggiungono gli amministrativi poco più di un centinaio giornalieri (su 1300), i circa 300 operai (su 3.000) e i macchinisti, qualche unità su 450 dipendenti. Di questa ultima categoria pochi restano a casa, probabilmente in virtù del fatto che il loro contratto è legato in qualche modo anche alle presenze.
Sempre all’Atac, uno dei dati più eclatanti degli ultimi anni riguarda il numero di autisti che chiede l’inidoneità alla guida, ovvero il diritto a non guidare più un bus per problemi fisici, come per esempio, la sciatica, il mal di schiena, o altro. Esistono due tipi di inidoneità, quella temporanea e quella definitiva. L’autista in entrambi i casi deve seguire l’iter presentando un primo certificato medico, seguito da altri esami e visite.
VISITE MEDICHE
Una delle curiosità puramente numeriche riguarda le visite mediche per l’abilitazione alla guida. Fino al 2010 venivano eseguite dall’Asl attraverso l’ospedale San Giovanni (struttura pubblica): mediamente c’erano una cinquantina di autisti l’anno con inidoneità alla guida (ci fu solamente un picco di richieste nel 2005). Poi la gestione è passata al centro diagnostico Pigafetta (struttura privata, partecipata da Ferrovie dello Stato). Negli ultimi tre anni il numero di inidonei è salito da 50 a 607, di cui 387 temporanei e 220 definitivi, circa il 10 per cento complessivo di tutti gli autisti, che passano quindi ad altri incarichi compatibili con la malattia. Anche il sistema delle visite d’idoneità obbligatorie per gli autisti è cambiato. Prima la visita era semestrale. Oggi la visita è quadrimestrale. E a pagare, ovviamente, è Atac.
NUOVE ASSUNZIONI
Intanto l’azienda ha raggiunto recentemente un accordo con le organizzazioni sindacali confederali per dare attuazione al sacrosanto patto rilancio Atac, «un’intesa finalizzata al riassetto organizzativo e finanziario dell’azienda che coniuga economicità, efficienza, tutela dei diritti dei lavoratori e dei clienti», dicono dalla dirigenza. Tra gli interventi previsti è stato programmato l’avvio di una selezione per «350 nuove assunzioni di autisti per la copertura, con eventuali contratti a tempo determinato, di altrettanti posti di lavoro». Per contro, una sigla sindacale autonoma, non compresa in questo patto di sindacato, avrebbe girato all’azienda altre 200 richieste di inidoneità alla guida. Ma proprio qui sta un altro nodo da sciogliere. Perché, a parte gli inidonei, i malati e quelli in permesso, ogni weekend il 6-7 per cento degli autisti assunti in Atac usufruisce del cosiddetto istituto del «libero con paga», autisti che vengono impiegati ma senza lavorare.
LA STRANA PROGRAMMAZIONE
Sarebbe a dire che la domenica, o nei giorni infrasettimanali, l’autista (per vari motivi di organizzazione del lavoro) viene «liberato», ma risulta come se fosse al lavoro. Si tratta di un istituto contrattuale previsto in molte aziende, che in Atac raggiunge percentuali altissime. «Frutto dell’inefficienza organizzativa - dicono i sindacati - non certo colpa dei lavoratori». Un cuscinetto che dovrebbe garantire un numero sufficiente di lavoratori all’azienda per gestire gli imprevisti e per garantire l’attività nei picchi, che, invece, spreca risorse preziose visti i conti di Atac. A rosicchiare una percentuale di questi «lavoratori liberi», infatti, non sono le esigenze di servizio, ma i mezzi in manutenzione per i quali mancano i pezzi di ricambio, che restano settimane in officina lasciando appiedati gli autisti, e presumibilmente pure i clienti. Una percentuale che si è accentuata nelle ultime settimane, con i conti in rosso dell’azienda: 519 milioni di euro da pagare ai fornitori (qualcuno ha sospeso il servizio e ricambi).
Il futuro: il 31 marzo c’è la scadenza del contratto di servizio firmato dal Campidoglio. La bozza del nuovo contratto che gira per i corridoi di Atac, parla di un rinnovo fino al 2017, con qualche «penale» per gli stipendi. Non solo per i dirigenti.