Per loro, applausi, standing ovation. A Letta perché, oltre ad essere stato sconfitto, ha subito il torto di essere stato sconfitto con metodi non proprio gentili. A Bersani perché è stato molto male fisicamente, oltre che politicamente, ma adesso rieccolo: nel suo ritorno alla Camera dopo l’ospedale, la sofferenza, la convalescenza. Tranne i grillini, li omaggiano tutti. Anche Renzi. I due si abbracciano davanti alle tivvù e al pubblico dei presenti e poi Letta posta su Twitter questa immagine di affetto e di solidarietà tra due leader messi da parte anche senza averne l’età. Avevano fatto il muso entrambi, e il muso di Letta durante la cerimonia della campanella a Palazzo Chigi l’altro giorno sembrava lungo fino ai piedi, ma adesso l’arrabbiatura viene dissimulata. C’è. Ma si finge che non ci sia. L’asse del rancore, potremmo chiamarlo. O almeno così lo vedono i grillini. E uno di loro grida a Letta: «Enricostaisereno!».
CICATRICI
Di Bersani, persona perbene e bravo politico, si vede semmai il corpo dimagrito dalla malattia, si sente la voce più flebile rispetto a un tempo, si percepisce una forza non ancora recuperata, si vedono le cicatrici dell’operazione sotto i capelli. «A Renzi, diamo una mano», dice uno. «A Renzi, diciamo una mano», promette anche l’altro. Sarebbero dovuti esserci loro al governo, se fosse nato l’«esecutivo di cambiamento», e invece c’è Matteo il Conquistatore a Palazzo Chigi. E loro due devono accontentarsi (ma non è poco) dell’affetto di Montecitorio. «Sono qui per votare la fiducia e per abbracciare Enrico», dice Bersani. I due si sono sentiti al telefono e hanno deciso di volerci essere in questo grande giorno. Parlano all’unisono: «Renzi non ha il dono dell’umiltà ma ha bisogno di un aiuto». Ora però è Renzi che dà un aiutino a Bersani. Quando l’ex leader entra nell’emiciclo, il premier si alza dai banchi del governo e va ad abbracciarlo. Lo accompagna sul suo scranno, e poi twitta: «Grazie a Pier Luigi per essere in aula oggi. Un gesto non scontato, per me particolarmente importante. Grazie». Bersani è commosso. Quasi piange per la gioia di vedersi resuscitato e di aver ripreso il proprio posto di combattimento tra i colleghi.
Il grande freddo è quello, plateale, irrefrenabile, che divide Letta da Renzi. Quando l’ex premier rottamato entra in aula, passa davanti al banco del governo, saluta l’ex collega ministro Delrio, ma non degna il successore-rottamatore, Matteo, neanche di un mezzo sguardo. Proprio come nel giorno del passaggio della campanella. Renzi guarda Letta, Letta volge la testa dall’altra parte. Gli rinfaccia, dentro di sè, le continue dichiarazioni di lealtà - «Io e Enrico siamo amici, non voglio la sua poltrona» - che hanno finito per produrre l’uscita di uno da Palazzo Chigi e l’ingresso dell’altro al suo posto. E c’è un fatto personale nel saluto mancato di Enrico a Matteo ma anche il rifiuto di accettare l’esito di una battaglia politica perduta.
LO SFIZIO
Lo sfizio che si toglie Letta è quello di volerci essere. Per ricordare a tutti il «brutale» trattamento subìto da parte di Matteo. E oggi se ne partirà per Londra. Nello sfizio di esserci c’è anche quello del come esserci. Così. L’ex premier, seduto nei banchi delle commissioni parlamentari e non tra quelli del suo partito (forse per non mischiarsi con alcuni dei suoi ex amici che poi lo hanno tradito o forse perchè intenderebbe lasciare il partito ma probabilmente non lo farà), è oggetto di una lunga e graditissima processione di decine e forse centinaia di parlamentari, non solo democrat, che gli vanno a rendere onore, lo baciano e lo abbracciano. Il tutto sotto gli occhi di Renzi, che gli sta seduto di fronte e Letta proprio di fronte al premier si è voluto piazzare, in modo da farsi vedere da lui e di rappresentare davanti al suo naso il ruolo della vittima incolpevole. Prima Renzi osserva la processione, poi abbassa gli occhi verso l’i-phone poggiato sul tavolo e Letta di quella processione si fa forte. Anche se tra quelli che lo baciano ci sono anche alcuni dei Giuda che lo hanno tradito nella famosa direzione del Pd che i lettiani chiamano «la mattanza».
Bersani parla con l’amico e compagno Marantelli di salute. Visto che il deputato democrat ha appena avuto un intervento al cuore. E con la berlusconiana Polvrini, idem. Bersani la vede con il braccio al collo e le fa: «Che è successo?». «Lei: «Mi sono operata alla spalla». E Letta? Ha appena finito di ascoltare il discorso di Renzi. E gli dedica, con sofferenza, un applauso. Anzi, un applausino.