PESCARA Meglio mai che tardi: il centrodestra rovescia il vecchio adagio per testimoniare la situazione di stallo nella scelta del candidato sindaco di Pescara. Il vertice romano in programma ieri è saltato, un altro rinvio, stavolta a venerdì quando si ritroveranno i responsabili nazionali di Forza Italia e Nuovo centrodestra. Non si parlerà solo di Pescara e Teramo, i Comuni più grandi dove si tornerà a votare il 25 maggio, e questa è un'altra incognita che congiura contro la soluzione vicina del giallo, che ormai scolora verso i toni della commedia. Cui prodest questo continuo rimandare la decisione ultima eirrevocabile? Di certo non ai due contendenti ufficiali ovvero il sindaco uscente Luigi Albore Mascia e quello che aspira a sostituirlo, Guerino Testa. Le voci di dentro, ma anche quelle di fuori, e in maniera sempre più insistita, invitano a battere altre piste. Tutto sembra congiurare per una decisione piovuta dall'alto, quella che Testa aborre e che Mascia attende con fiducia perché sa che Forza Italia non derogherà mai dal principio del "campione uscente" che ha diritto a difendere il titolo, un po' come nella boxe. Ma qui mancano i guantoni, e pure il fisico bestiale per affrontare certe tenzoni. Tutto congiura, quindi, per una scelta che metta la sordina alle polemiche fra Macia e Testa, una scelta che raccolga in città consensi sicuri e in proposito l'unico nome è quello di Carlo Masci. Che i suoi detrattori, scimmiottando la presa in giro del Movimento 5 Stelle contro il Pd, già chiamano Mascia senza A. Se potesse, il leader di Pescara Futura allontanerebbe da sé questo calice, fare il sindaco era il suo sogno nel 2003, un sogno amaramente infranto dai veti incrociati. Per due lustri, l'attuale assessore regionale al Bilancio ha sognato la rivincita, ma non col ruolo di terzo incomodo e come salvatore della patria (litigiosa e inconcludente). D'altra parte, se a Pescara gli interessati hanno esaurito la pazienza, a Roma non sono più contenti: i vertici nazionali di Forza Italia speravano di sbrigare prima e meglio la "pratica" al Comune adriatico, invece il braccio di ferro continua con grave nocumento per la compattezza della coalizione e per i consensi che i ritardi nella decisione si portano via. Se a Roma perdono la pazienza, dunque, il candidato sindaco sarà imposto, col rischio di spaccature dolorose e conseguenze pesanti nelle urne. Ecco perché, l'opzione Masci può mettere d'accordo tutti, ma stavolta dovranno chiederglielo in ginocchio.