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Data: 27/02/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Renzi: punto su scuola e taglio dell’Irap. A Treviso l’incontro con ragazzi e insegnanti. Poi vede gli imprenditori ma salta l’incontro con i lavoratori Electrolux. La prima sfida: trovare 100 miliardi

TREVISO Tutti pazzi per Matteo Renzi, che in mezza giornata conquista il cuore del Nordest d’Italia. Il presidente del Consiglio sceglie Treviso, che il Pd ha strappato alla Lega dopo vent’anni, per la sua prima uscita ufficiale dopo la fiducia in Parlamento. Ma non è una passeggiata: nella città veneta incontra - nell’ordine - la protesta degli addetti alle pulizie nelle scuole, dei Forconi, degli indipendentisti e di Forza Nuova. Tra i ragazzi di una scuola media Renzi trova il bagno di entusiasmo più bello: «La scuola è il futuro del Paese» dirà tra allievi e professori. Poi, schivando le contestazioni, il premier incontra i sindaci e gli amministratori, cui promette di sciogliere il patto di stabilità. Agli industriali anticipa di voler tagliare del 30% l’Irap: dieci miliardi, ma non spiega dove li troverà. E loro, sconfortati dai lunghi anni trascorsi invano con la Lega e Berlusconi, concedono un supplemento di speranza al più giovane premier che l’Italia abbia mai avuto: «Renzi è l’ultima speranza del paese, speriamo ce la faccia». Accompagnato dal ministro della pubblica istruzione, Stefania Giannini, e da quello del Lavoro, Giuliano Poletti, il premier è stato accolto calorosamente dai ragazzi della scuola media Luigi Coletti, insieme ai quali ha intonato l’inno di Mameli, fermandosi poi a chiacchierare di compiti e pagelle, di calcio e professori. «Chi di voi è della Fiorentina?». Si commuove per l’incontro con la mamma di un ragazzo morto di leucemia. Poi all’uscita commenta: «È andata bene, molto bene», scrivendo poi su Twitter: «Che bello incontrare gli studenti! Sentivo la mancanza. Investire sulla scuola è il modo per uscire dalla crisi». Pragmatico il confronto con i sindaci e gli amministratori del territorio, mediato dal governatore del Veneto Luca Zaia e dal sindaco di Treviso Giovanni Manildo. I sindaci hanno lamentato di avere le casse piene e le mani legate, prigionieri del patto di stabilità e dell’incertezza delle risorse statali. Bastone e carota: «Sono dell’idea che ci debbano essere meno municipalizzate» dice agli amministratori. Ma poi riscuote applausi quando chiede ai sindaci di preparare, entro il 15 giugno, il progetto di una nuova scuola per ciascun comune. «Vi prometto che farò di tutto per finanziarla. Per noi la scuola è un luogo da cui ripartire, nelle prossime ore studieremo come attuare il piano straordinario per l’edilizia scolastica, uno dei motori di sviluppo del Paese» ha aggiunto, conquistando persino il presidente leghista della Provincia, Leonardo Muraro: «Mi è sembrato concreto e accattivante». Incontra una delegazione di 30 imprenditori: in prima fila Luciano Benetton e Mario Moretti Polegato, Enrico Marchi e Giuseppe De’ Longhi. L’entusiasmo è ponderato dal padre nobile dell’imprenditoria veneta, Luciano Benetton: «Lo dico con ottimismo, ma Renzi è l’ultimo treno che possiamo prendere. Lui si gioca la faccia, noi tutto il resto», ma tutti i colleghi, che non hanno mai votato a sinistra, tessono le lodi del giovane leader. «Mettere dieci miliardi di euro sulle imprese vuol dire tagliare l’Irap del 30 per cento». Poi ha promesso lo sblocco dei fondi della Pubblica amministrazione, la distribuzione immediata dei fondi europei, un taglio netto della spesa pubblica. «Quel che vi chiedo è un rapporto aperto: parliamoci, aiutatemi a cambiare l’Italia. Noi abbiamo detto le cose che vogliamo fare: se ci riusciamo, bene. Altrimenti, ci ho messo la faccia e andiamo a casa». Salta però, un po’ a sorpresa, l’incontro con i lavoratori Electrolux di Susegana e Porcia: «Ha parlato con gli imprenditori e non con i lavoratori, un brutto segnale» commentano le Rsu. Alle tre del pomeriggio è già sul volo per Roma, ma ai ragazzi della scuola media lascia il proprio indirizzo mail: «Scrivete a matteo@governo.it, vi risponderò».

La prima sfida: trovare 100 miliardi
Si punta su spending review e bassi interessi sul debito. Padoan: riformare il sistema tributario per favorire la crescita

MILANO Una sfida difficilissima. Trovare quasi cento miliardi di euro in un meno di due anni. A tanto ammonta l’effetto delle riforme preventivate dal governo Renzi che dovrebbero permettere di reperire le risorse necessarie per tagliare il cuneo fiscale e l’Irap, attivare una sperimentazione sul reddito minimo e avviare i piani di investimento per la scuola e il rischio idrogeologico. Il pressing delle parti sociali è costante e giornaliero e se ne è fatto interprete anche ieri il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: il taglio di 10 miliardi del cuneo fiscale promesso dal neo premier Matteo Renzi «è il fattore minimo, è la condizione minima che noi chiedevamo» e per raggiungere questo obiettivo «il sistema delle imprese è pronto a rinunciare a tutti i trasferimenti, purchè il ricavato vada a incidere su costo del lavoro e, in modo particolare, sul cuneo fiscale». «I 10 miliardi di euro che avevamo sottolineato già come fattore minimo - ha proseguito Squinzi - Letta li aveva convertiti in una promessa di almeno 5 miliardi di taglio del cuneo che però si sono ridotti ad 1 miliardo nella legge di stabilità». A strettissimo giro è arrivata la replica del neo ministro del Lavoro: «Il cuneo fiscale lo riduciamo, è deciso. Quanti soldi in più arriveranno ai lavoratori? Questo lo decide il ministro dell’Economia però avete sentito tutti la dichiarazione programmatica di Matteo Renzi», ha detto Giuliano Poletti, «noi abbiamo calcolato 10 miliardi come abbattimento del cuneo». Il suggello del dibattito di giornata è arrivato dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «Il sistema tributario può e deve essere modificato favorendo la crescita. Il nostro obiettivo - ha spiegato il ministro Padoan, nel suo primo intervento nell’aula della Camera - non è soltanto quello di aumentare la certezza e diminuire i costi, ma è anche quello di dare maggiore equità sulle basi imponibili catastali e questo governo porrà l’attenzione sul tema con un’interazione con le parti sociali». Ma come il governo pensa di reperire le risorse? Innanzitutto con i tagli di spesa. Come noto il piano del commissario Cottarelli prevede risparmi per complessivi 32 miliardi in tre anni, tutti da destinare al taglio del cuneo fiscale. Dei 32, quasi 10 arriverebbero dalla razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi. E ulteriori risparmi sarebbero possibili spingendo sul processo di digitalizzazione della P.a. Fuori dai 32 miliardi già indicati dai 25 tavoli coordinati dal commissario ci sarebbe la possibilità di risparmi di ulteriori 10 miliardi dalla razionalizzazione delle spese delle municipalizzate, voce che non rientra in quella al vaglio della razionalizzazione di beni e servizi. Ma l’effetto non sarebbe immediato perché se una società comunale comprasse sul mercato meglio l’energia, per fare un esempio, si avrebbe un risparmio per le casse del Comune. E lo stesso succederebbe rinegoziando tutti i contratti di servizio. Poi ci sono la gare pubbliche sotto la soglia Ue (viene fissata di anno in anno) e da queste si potrebbe recuperare un ulteriore miliardo (il 10% circa del volume totale). Per quest’anno però la spending review di Carlo Cottarelli, una volta armonizzate tra loro le proposte teoriche ora messe su carta, farà risparmiare solo qualche miliardo di euro, probabilmente nell’ordine di 3-4 miliardi. Parte delle coperture per ridurre le tasse sul lavoro potrebbero arrivare da una riduzione degli interessi sul debito pubblico sulla scia del calo dello spread. Altre risorse (da 0,5 a 1,2 mld) sono attese dalla rimodulazione della tassazione sulle rendite finanziarie, che sarebbero allineate alla media Ue, senza dover necessariamente riguardare i Bot. Una misura che seppur invisa ad alcune forze del governo, potrebbe passare se inserita in un pacchetto complessivo di interventi. Infine, si conta sul gettito in arrivo dal pagamento delle sanzioni per il rientro volontario dei capitali dall’estero e il contemporaneo accordo con la Svizzera (almeno 5 miliardi di una tantum e un paio di miliardi a regime).

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