È laconico quando nella serata di ieri termina la telefonata con Angelino Alfano che gli annuncia le dimissioni del sottosegretario Antonio Gentile. «Apprezzo e rispetto la scelta» sostiene il presidente del Consiglio che non intende intestarsi questo tipo di battaglie quanto quelle sulla legge elettorale o sul jobs act sul quale si intrattiene a cena a palazzo Chigi con i ministri Padoan e Poletti.
SPACCATURE
Nessun successo da rivendicare, quindi. Specie ora che si è arrivati alla stretta sulla legge elettorale e Forza Italia si prepara ad un aut-aut che rischia di chiudere a Renzi la prospettiva della seconda maggioranza sulle riforme. Tanto più adesso che si tratta sul primo pacchetto di provvedimenti per risollevare l’economia e sostenere il mercato del lavoro.
L’uscita del sottosegretario del Nuovo centrodestra somiglia, per tempistica, a quella che subì il governo Letta con le dimissioni del ministro Josefa Idem poco dopo il varo dell’esecutivo. I riflessi politici rischiano però di essere diversi perché le dimissioni di Gentile non le hanno chieste solo le opposizioni, ma anche parti significative del Pd. Renzi, da premier e segretario del Pd, cerca quindi di alleggerire la tensione con il principale alleato che subisce malvolentieri il sacrificio di uno dei suoi uomini di punta in Calabria, regione a trazione Ncd e guidata da Domenico Scopelliti.
L’ormai ex sottosegretario si precipita al Viminale in serata appena scende dall’aereo che lo porta a Roma da Reggio Calabria. Con sé ha una cartellina fitta di documentazione e l’affermazione della procura di Cosenza che esclude sia indagato anche se sulla vicenda delle rotative fermate dell’Ora di Calabria il fascicolo è aperto da due settimane. Il senatore, prima di salire sull’aereo, continua subire il pressing dei suoi che lo invitano a non mollare. La repentina convocazione di Alfano gli guasta però l’umore e quando si trova davanti al ministro dell’Interno la resistenza è poca e la ragione prende il sopravvento. Alfano riporta a Gentile le preoccupazioni sue e di Renzi per una vicenda che tende ad ingigantirsi anche per la pressione mediatica che rischia di compromettere il lavoro del governo in un momento molto delicato.
MOZIONE
«Non possiamo dare alibi a chi intende cogliere la tua vicenda come un modo per indebolirci», sostiene Alfano. L’obiettivo del leader del Ncd è quello di smontare subito la vicenda prima che un eventuale iscrizione del senatore nel registro degli indagati renda l’aria irrespirabile. La decisione «è sofferta» ma alla fine è Gentile ad offrire ad Alfano le sue dimissioni «per non creare spaccature nella maggioranza». Infatti, nel Pd la tensione è alle stelle dopo due giorni di polemiche. Il rischio di una spaccatura in aula al momento del voto della mozione di sfiducia presentata da Sel e M5S, è troppo grosso per poter essere affrontato senza ricadute sull’esecutivo. La resa di Gentile toglie dal percorso della maggioranza un ostacolo non da poco anche se restano i casi aperti di ben altri tre sottosegretari del Pd (Francesca Barracciu, Vito De Filippo e Umberto Del Basso De Caro) che risultano indagati per diversi motivi nelle regioni di appartenenza. «Il nostro è un gesto di responsabilità che conferma la piena sintonia di Alfano con Renzi», sostengono i più stretti collaboratori del leader del Ncd. Il passo indietro di Gentile, tanto più non richiesto ufficialmente dal premier, assume il valore di una forte apertura di credito degli alfaniani a Renzi e sottolinea la sintonia tra premier e ministro dell’Interno sulla necessità di concentrare tutti gli sforzi della maggioranza sulle riforme da fare. Resta ora da vedere come si comporteranno gli esponenti del Nuovo Centrodestra e come si reagirà Renzi qualora nel mirino delle opposizioni dovesse finire uno dei tre sottosegretari indagati.
Ieri sera il premier ha comunque tirato un sospiro di sollievo anche se è consapevole che la vicenda potrebbe non essere chiusa e altri gesti ”volontari” potrebbero essere chiesti ad altri esponenti del governo. Non resta che spingere al massimo i motori per varare nel prossimo Consiglio dei ministri, un primo pacchetto di provvedimenti (giovani e piano casa) per poi concentrarsi sul jobs act che verrà spacchettato in due distinti provvedimenti.