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Pescara, 25/11/2024
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Data: 04/03/2014
Testata giornalistica: Il Tempo d'Abruzzo
Il nodo pescarese sul tavolo romano

L’impasse sulla scelta del candidato del centrodestra a sindaco di Pescara o sull’opzione del ricorso alle primarie è il nodo che si ripropone per la terza volta sul tavolo romano. Oggi si tenta un’improbabile quadratura del cerchio dentro cui spennare uno dei galletti che si beccano vantando diritti irrinunciabili sulla poltrona di primo cittadino. Non è cambiato nulla da quando Luigi Albore Mascia si è autoriproclamato lider maximo, da quando Guerino Testa si è gettato lancia in resta in campagna elettorale con l’avallo di un’intesa superata dai tempi e dagli eventi, e da quando i malpancisti nello schieramento di centrodestra hanno demandato ai vertici una scelta che non sarà indolore e lascerà sul campo feriti, mugugni e malcelati rancori. Se la terza volta non sarà quella buona, tra i due litiganti potrà godere il terzo incomodo, quel Carlo Masci che sarebbe investito come «salvatore della patria» e ricompattatore di Forza Italia e Ncd con il collante di Pescara futura. Mascia e Testa farebbero la fine dei manzoniani capponi di Renzo, sempre che dal cilindro romano non venga fuori una di quelle manzoniane proposte «che non si possono rifiutare»: l’alternativa che li metta fuorigioco ma felici per un sostanzioso contentino in contropartita. Masci smentisce abboccamenti e interessamenti, ma poiché la politica è l’arte del possibile, se fosse davvero così dovrebbe spiegare come mai il suo delfino Berardino Fiorilli (vedi a lato) è andato all’attacco di Federica Chiavaroli con la baionetta tra i denti. La Chiavaroli si coccola Testa e ha puntato i piedi sul patto elettorale che lo voleva in corsa a Pescara; con il ritorno di Gaetano Quagliariello la sua posizione si è rafforzata. Matteoli non demorde su Mascia, perché allora sì che il caso-Pescara aprirebbe una falla e una reazione a catena nel centrodestra in generale e in Forza Italia in particolare. Nel gioco di equilibri e contrappesi si gioca una partita che mostra uno degli aspetti più torbidi della politica. E se il centrodestra piange, il centrosinistra non ride, anche se ha qualcosa di angosciosamente divertente nella pantomima sulle primarie. Moreno Di Pietrantonio, che sul modello berlusconiano si è fatto cancellare col Photoshop le occhiaie dai manifesti 6x3, ritiene che dopo dieci anni il diritto di correre come sindaco sia suo e solo suo. Marco Alessandrini, riesumato da una manovra di partito dopo un silenzio senza soluzione di continuità, bacchetta il suo capogruppo e successore dipingendone le vanità di protagonismo, nella consueta spasmodica ricerca di microfono e telecamere, non importa su quale argomento. Ci ha messo anni, ma se n’è accorto anche lui. Antonio Blasioli va dritto per la sua strada, con concretezza. Il terzo incomodo che tenta tutti.

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