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Data: 05/03/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Legge elettorale solo per la Camera. Renzi: bene, tanto aboliremo il Senato

TUNISI «Se in Parlamento non ci saranno ulteriori dilazioni, venerdì avremo una nuova legge elettorale». Il messaggio del via libera dato da Silvio Berlusconi all’Italicum valido solo per la Camera, arriva nel primo pomeriggio sul telefonino di Matteo Renzi appena terminato l’incontro con la blogger Lina Mehnni e un altro gruppo di giovani donne tunisine protagoniste della primavera araba dei gelsomini. «Ragazze, basta parlare di economia, ditemi come si fa la rivoluzione!», taglia corto sorridendo il presidente del Consiglio seduto in uno dei più caratteristici bar tra narghilè e bicchieri di the alla menta.
MANIFESTO POLITICO

La sua prima visita ufficiale all’estero da presidente del Consiglio non è a Berlino o Parigi, dove pure andrà presto, ma in una delle più importanti e promettenti capitali della sponda sud del Mediterraneo. A tutti gli effetti si tratta di un manifesto politicoche Renzi affigge alla porta del semestre di presidenza italiana dell’Unione. Un modo per dire ai colleghi che occorre spostare un po’ più a sud il baricentro di un’Unione troppo teutonica e, forse, anche poco rispettosa della sua storia.«La discussione oggi in Europa è solo sulla crisi economica e sui parametri economici. Dobbiamo cambiare passo e la presidenza italiana del semestre europeo è un’occasione per lavorare insieme ai paesi del Mediterraneo». Le sue idee Renzi le espone prima al presidente dell’assemblea costituente tunisina, Ben Jaafar, e poi al premier Jomaa che incontra nel palazzo del governo dove si intrattiene con i giornalisti prima di incontrare la comunità italiana nella sede dell’ambasciata italian. Settemila imprese italiane, e non solo big player come Eni, Terna o Benetton, operano in questa terra che da qualche anno accoglie anche numerosi pensionati italiani che trovano il ”posto al sole” economico e salutare.
«Irrispettoso» paragonare l’instabilità tunisina a quella italiana perché, si scalda Renzi, «qui non c’era democrazia». Parole importanti per uno che pensa di fare la rivoluzione nel suo Paese e da ieri ritiene di esserci un po’ più vicino grazie al sì di Forza Italia all’emendamento che sblocca la legge elettorale. Renzi è convinto di farcela e di potersi intestare la fine del bicameralismo perfetto e di mettere la sua faccia sulla Terza Repubblica. «Oggi si è fatto un importante passo avanti», spiega il premier mentre il sottosegretario Delrio lo ascolta dalla prima file certificando di fatto il suo ruolo di ”uomo-ombra”, se non di vice del premier. A Roma i due hanno lasciato Guerini e la Boschi e trattare con gli uomini del Cavaliere. Proprio a lui Renzi dedica una risposta: «Vorrei sommessamente far notare a Berlusconi, e a tutti quelli che stanno criticando questo passaggio, che è quello che ci eravamo impegnati a fare: legge elettorale con certezza di un vincitore anche attraverso il ballottaggio, riduzione del numero dei parlamentari, riduzione degli sprechi economici regionali attraverso la modifica del Titolo V della Costituzione».
LE RESISTENZE

Renzi è consapevole di camminare su un filo d’acciaio sospeso nel vuoto, ma dà per scontata la cancellazione del Senato e quindi non prende nemmeno in esame la critica di coloro che lo accusano di dotare il Paese - per un anno e oltre - di un sistema elettorale quantomeno bislacco. «E’ un problema secondario - sostiene - perché il Senato verrà abolito». Le resistenze sono tante, ma il presidente del Consiglio le ignora e, soprattutto, tira diritto sapendo che dopo il varo dell’Italicum sarà ancor più difficilefar saltare il governo. L’intesa raggiunta, allungando i tempi delle riforma, azzera - a giudizio di Renzi - anche le più o meno stravaganti ipotesi su intese occulte per andare presto al voto. Fedele alla sua cravatta viola, quella delle grandi occasioni, prima di lasciare Tunisi Renzi si chiude per un paio d’ore con i nostri connazionali che lavorano a Tunisi nella sede dell’ambasciata ricordando loro di non «dimenticarsi mai del nostro Paese».

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