A pochi giorni dalla scadenza del contratto di servizio Atac, e dall’approvazione di una parte del nuovo piano traffico della giunta Marino, l’assessore alla Mobilità, Guido Improta, insieme all’ad Atac Danilo Broggi tracciano una linea chiara da percorrere per salvare l’azienda del trasporto pubblico locale più grande d’Italia. Lo fanno in occasione del trofeo Tartaruga di Legambiente e non usano mezzi termini. A partire da Improta: «A regole di sistema, noi la partita pensiamo di potercela giocare però Governo e Regione ci devono mettere in condizione di avere finanziamenti certi e congrui, perché è evidente che, altrimenti, non possiamo che chiudere l'azienda». Per creare quelle condizioni di sistema adeguate che permettano di scongiurare la liberalizzazione di Atac, bisognerà, secondo Improta: «censire quali sono i fabbisogni economici e partire da un punto zero». L'assessore ha quindi definito lo scenario iniziale da cui si dovrebbe ripartire per risanare la società: «770 milioni di finanziamento, di cui 270 devono provenire dalla vendita dei biglietti da parte dell’esercente, quindi a carico del pubblico devono rimanere 500 milioni. Oggi, faticosamente arriviamo a 430, - ha sottolineato Improta - quindi noi già partiamo con un deficit di 70 milioni. In passato, avevamo 300 milioni dalla Regione, poi siamo arrivati a zero nel 2013 e, forse, ce ne daranno 100 se verranno sbloccati dal tavolo del rientro sanitario. È evidente che nessuna azienda, senza avere delle risorse congrue e certe, può avere futuro». I tagli insomma, e soprattutto l’eliminazione degli "sprechi" che in un’azienda come Atac ammontano a decine e decine di milioni di euro non basteranno a salvare l’azienda dalla chiusura prima e dalla liberalizzazione poi, nonostante quest’ultima sia normativamente "scongiurata" fino al 2019. Lo sa bene Improta che punta a far scoprire le carte di un piano di privatizzazione di cui se ne parla da tempo: «Noi pensiamo che ci sia un’alternativa alla liberalizzazione di Atac prima del 2019, questa alternativa passa per il rilancio e il risanamento dell’azienda di trasporto pubblico. Se poi c’è qualcun altro, sia a livello politico che istituzionale, che ha già deciso, invece, che l’Atac va chiusa e, quindi, ci stiamo applicando inutilmente a un esercizio che non ha futuro, ce lo devono dire esplicitamente, assumendosene la responsabilità». Al momento dunque il Campidoglio punta dritto al rilancio e al riassetto Atac, così come ha sottolineato anche la presidente della Commissione Mobilità, Annamaria Cesaretti. I buoni propositi insomma ci sono, eccome. Manca però la "benzina" vera, ovvero le risorse. A puntualizzare ci pensa non a caso l’amministratore delegato Atac, Broggi: sia per quanto riguarda il nuovo contratto di servizio che il piano esuberi, il punto di partenza sono le risorse che Roma Capitale metterà a disposizione dell’azienda. Stiamo discutendo per il rinnovo del contratto di servizio e, a seconda delle risorse che avremo, dovremo andare ad attuare i piani indicati anche per le risorse umane».
Servono soldi insomma, da parte del Comune certamente ma anche dalla Regione e dal Governo, affinché il trasporto capitolino non cada nell’abisso a favore, ovviamente, di qualche privato. In questo, guarda caso, Firenze insegna...