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Pescara, 25/11/2024
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06/03/2014
Il Messaggero
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Lavoro, casa, scuola: «cura choc» di Renzi. Il premier da Siracusa annuncia il pacchetto di riforme che verrà varato mercoledì prossimo: non sprecare la ripresa |
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ROMA «Misure choc», per non «sprecare la ripresa». Matteo Renzi è al lavoro per la «rivoluzione» annunciata al momento della nascita del suo governo. Jobs Act, piano casa, misure per la scuola: da qui si partirà mercoledì prossimo. Un «corposo» pacchetto di provvedimenti «molto importanti». Da portare avanti in parallelo con le riforme, che servono per eliminare i «freni» che imbrigliano il Paese. E provocare quel «sussulto» che dia all'Italia un «futuro», oltre a un passato da tutelare con ogni energia («Che aspettate» a intervenire a Pompei?, sfida gli imprenditori). Siracusa è la seconda tappa, dopo Treviso. Ad accoglierlo, applausi e auguri («Durare 80 anni? Politicamente sarei per durare poco», dice a un vecchietto), ma anche gruppetti eterogenei di contestatori, dai 5 Stelle che chiedono le elezioni, ai precari che chiedono lavoro. Di lavoro Renzi parla nella scuola Raisi. Con gli insegnanti, che «sono pagati poco, ma sono il cardine per far ripartire il Paese», se le aule torneranno a essere «patria di bellezza e cultura».
Jobs Act. Contratto d’inserimento a tutele crescenti e nuovi ammortizzatori ROMA Il tempo a disposizione è pochissimo, la carne al fuoco è tanta. La nuova accelerazione del premier sul Jobs act preoccupa i ministri interessati. Non perché le idee manchino. Anzi, il ”vulcano“ Renzi ne ha fin troppe. Ma avere tante idee significa avere anche tante risorse per realizzarle. E purtroppo non è così. «I problemi che stiamo tentando di affrontare sono giganteschi e i mezzi inadeguati» sintetizza in tarda serata su Facebook il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Dopodomani, chiuso il primo giro di incontri informali (ieri ha visto la Cisl e poi la delegazione delle Regioni), il ministro si butterà a capofitto nella messa a punto delle linee generali del Jobs act. Poletti ha annullato tutti gli impegni, persino la presenza a Bruxelles lunedì alla riunione dei ministri del Lavoro Ue. Non è stato ancora deciso se il piano si articolerà o meno in due tempi. Di certo toccherà due blocchi: le regole e gli stimoli alle assunzioni. Nel menù regole, i piatti principali sono: l’introduzione di un contratto di inserimento a tutele crescenti per i primi tre anni di assunzione (che dovrebbe riguardare solo i giovani), maggiore flessibilità, lo sfoltimento delle tipologie di contratti attualmente esistenti, e la riforma degli ammortizzatori sociali con il sussidio universale per tutti coloro che perdono il posto. Fondamentale la nascita di un’Agenzia federale nazionale che coordini le politiche attive. Ma se le regole sui contratti non comportano costi, la riforma degli ammortizzatori necessita di ingenti risorse. Il sussidio universale spetterebbe a una platea più ampia rispetto a quella di Aspi, mini-Aspi, mobilità e cig in deroga messi insieme. Se si volessero includere tutti i lavoratori, bisognerebbe ragionare su circa 2 milioni di tutelati in più (tutti i collaboratori e i precari che attualmente non raggiungono i requisiti per la mini-Aspi). Ma circola anche un’ipotesi minima: estendere la tutela a 300.000 collaboratori. In questo caso il costo si ”fermerebbe“ a 9,5 miliardi di euro: due e mezzo in più rispetto all’attuale budget di Aspi e mini-Aspi. Decidere che la fonte di finanziamento sia solo frutto di contributi, potrebbe tagliare la testa al toro per quanto riguarda i conti pubblici. A carico di chi? Secondo i sindacati dovranno pagarli i datori di lavoro. Per le aziende sarebbe un aggravio di costi, poco coerente con l’altro grande provvedimento che Renzi ha promesso: il taglio di 10 miliardi del cuneo fiscale. Ai nastri di partenza (bisogna reperire mezzo miliardo di cofinanziamento nazionale) è il progetto Ue ”Garanzia giovani“, che si propone di trovare un’opportunità (anche stage e tirocini) agli under 25 entro quattro mesi dal termine del percorso di studi.
Ancora giù la cedolare sugli affitti, riscatto per gli alloggi socialiAbitazione ROMA Il piano casa annunciato dal ministro Lupi è pronto ormai da settimane, ma finora per vari motivi non era ancora approdato in Consiglio dei ministri. Era stato ipotizzato un esame nella riunione di domani, ma l’appuntamento sarà invece la settimana prossima. Le nuove misure fanno seguito a quelle già approvate lo scorso anno. Si tratta di un progetto molto articolato, ma la novità più attesa è probabilmente l’ulteriore taglio della cosiddetta cedolare secca, l’imposta sostitutiva che può essere applicata dei redditi da locazione al posto del normale regime Irpef. L’aliquota era già scesa dal 19 al 15 per cento nel caso di locazione a canone concordato. Ora gradualmente il livello dovrebbe scendere ancora fino al 10: un beneficio rilevante - anche se non immediato - che dovrebbe spingere il mercato degli affitti. Ma oltre all’incentivo economico sono previste altre misure che potrebbero incoraggiare i proprietari a puntare sulla locazione: sul modello francese verrà stimolata a livello locale la nascita di agenzie che forniscano garanzie sia sui danni sia sulla possibilità di rientrare in possesso dell’alloggio a fine locazione. Un’altra misura che va nella linea di quanto già avviato in passato è il rifinanziamento del fondo per la morosità incolpevole, destinato a supportare gli inquilini in difficoltà ad esempio per la perdita del lavoro. E sarà anche incrementata la disponibilità di un altro fondo affitti con finalità simili ma destinato ai Comuni. È invece una novità il progetto di riscatto degli alloggi sociali. La formula a cui si guarda è quella del rent to buy, affitto finalizzato ad un successivo acquisto. Dopo un periodo di 7 anni gli inquilini potrebbero infatti usare una parte dei canoni già versati come quota prezzo per l’abitazione. Per gli inquilini di alloggi sociali sono poi in arrivo anche detrazioni Irpef un po’ più cospicue. L’importo dello sconto viene portato a 900 euro l’anno per quelli che hanno un reddito fino a 15.500 euro circa e a 450 per chi è comunque sotto i 31.000. Per gli alloggi sociali sono previsti anche incentivi alla ristrutturazione e alla manutenzione straordinaria. Intanto a fianco del piano di casa l’esecutivo cerca di far partire l’utilizzo effettivo del plafond di circa 2 miliardi che dalla Cassa Depositi e Prestiti deve arrivare alle banche, le quali dovranno usare la provvista per erogare mutui prioritariamente a favore delle giovani coppie per l’aquisto oppure finalizzati alla ristrutturazione.
Sicurezza scolastica. Due miliardi in due anni disponibili da subito per 2.500 istituti a rischio. ROMA Due miliardi in due anni. Mercoledì prossimo in Consiglio dei ministri sarà presentato il piano straordinario sull’edilizia scolastica. Matteo Renzi lo ha annunciato ieri nella sua visita settimanale a una scuola: stavolta l’istituto Raiti, di Siracusa. I due miliardi di euro previsti dal piano dovrebbero andare ad aggiungersi ai 450 milioni del Dl del Fare varato dal precedente governo. Un finanziamento importante. Anche se poi gli interventi - prima di tutto sulla sicurezza - dovrebbero riguardare meno di una scuola su sei tra le quindicimila che avrebbero necessità. Si tratta di risorse già esistenti. Circa 850 milioni di euro dovrebbero infatti provenire dall’accesso ai mutui previsti dal Dl l’Istruzione riparte (104/2013). Un miliardo invece dovrebbe essere recuperato dai soldi rimasti incagliati in precedenti piani di edilizia scolastica. Circa altri duecento milioni da stanziamenti statali non utilizzati. Il nodo non sono solo le risorse, ma anche quale priorità dare ai progetti da finanziare. Un criterio che ancora non è stato deciso. Il primo ministro ha appena inviato una lettera a 8.000 sindaci d’Italia chiedendo di segnalare un intervento urgente entro il 15 marzo. Il governo si è impegnato, nella seconda metà del mese, a individuare le strade per semplificare le procedure di gara e per liberare i fondi dal computo del patto di stabilità interna. La parola d’ordine è: rendere le risorse subito spendibili. Il modello pilota è quello dell’Emilia Romagna, dove nei tre mesi successivi al terremoto sono state ricostruite 58 nuove scuole con i sindaci e i presidenti di Provincia che hanno avuto poteri straordinari, in qualità di commissari governativi. In questo modo si andrebbe a semplificare la giungla burocratica da affrontare per l’avvio dei lavori. I cantieri verranno aperti per lo più dal 15 giugno prossimo, per utilizzare i tre mesi estivi durante i quali le scuole sono chiuse. Dei circa 40mila edifici scolastici il 44%, secondo i dati del ministero dell’Istruzione, sono stati costruiti in un periodo che va dal 1961 al 1980. Quindici scuole su 100 sono state ricavate da appartamenti ed edifici industriali, negozi, ex-seminari. L’ultimo rapporto di Legambiente denuncia che il 40% delle scuole è privo del certificato di agibilità, il 60% del certificato anticendio. Secondo Cittadinanzattiva ci sono lesioni strutturali su 1 scuola su 10, muffe e infiltrazioni su 1 su 4, barriere architettoniche in 13 su 100. La Protezione civile ha stimato in circa 13 miliardi di euro la spesa necessaria per avere scuole sicure. Due miliardi, quindi, servono a cominciare.
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