Nei giorni scorsi l'Istat ha pubblicato i dati sull'occupazione in Abruzzo e nelle quattro province. I dati mostrano una dinamica regressiva del mercato del lavoro che, anche se comune alle altre regioni italiane, denota una fase economica piuttosto incerta, difficile e complessa. Il secondo ciclo recessivo del 2012 - 2013, dopo quello piuttosto pesante del 2009-2010, ha prodotto sulla regione ripercussioni profondamente negative.
E tali da indurre a qualche considerazione aggiuntiva che vale la pena sottolineare. Infatti, le indicazione che emergono dall'Istat richiamano tre questioni fondamentali. La prima riflette il numero complessivo degli occupati, che sembra subire, dopo quella del Mezzogiorno, la variazione negativa più consistente: meno 3,5% nel corso del 2013 e meno 5,4% con riferimento al periodo pre -crisi. Rispetto cioè al 2008 l'Abruzzo perde 28 mila posti di lavoro. L'arretramento occupazionale, unitamente alla difficoltà delle famiglie, ha prodotto effetti negativi sull'attività di consumo, spingendo verso il basso e al di sotto della soglia italiana l'intera domanda interna. La seconda questione coinvolge l'andamento delle province. I valori appaiono più o meno uniformi tra le province abruzzesi, ma colpisce per l'entità del fenomeno l'area aquilana. Il fatto che nel corso del biennio 2012-2013 il livello dell'occupazione nella provincia dell'Aquila sia diminuito di circa il 10% e che il tasso di disoccupazione abbia raggiunto il 12,5%, valori al di sopra della media regionale e nazionale, indica chiaramente i disagi che si vivono sul territorio aquilano e i ritardi connessi all'opera di ricostruzione. L'ultimo aspetto, il terzo, merita un'attenzione particolare. Dall'analisi dei settori si evince, forse per la prima volta, un forte preoccupante ridimensionamento della componente industriale, tale da considerare il settore in questione, per l'intensità della perdita pari a circa 16 mila unità, il principale protagonista del calo occupazionale a livello regionale. Il dato è molto importante in ragione del ruolo primario che la manifattura svolge all'interno della struttura produttiva abruzzese e per i suoi positivi risvolti occupazionali. Anzi, si può affermare che l'industria rappresenta il cuore dell'attività economica abruzzese per valore aggiunto, per scambi con l'estero, per innovazione e per i legami che riesce ad intrattenere con l'agricoltura e con il terziario. In base alle indicazioni emerse, si ha la sensazione che in Abruzzo si stia configurando un divario abbastanza netto tra imprese che operano sui mercati internazionali, in gran parte di matrice extra regionale, che resistono alla crisi a motivo della loro forza competitiva e che si stanno attrezzando per affrontare scenari futuri, e imprese che invece operano soltanto nell'angusto mercato locale e perciò alle prese con la caduta della domanda interna e con i ridotti flussi creditizi. Si tratta in gran parte di piccole imprese impegnate nel settore edile, nell'artigianato e nel commercio, la cui situazione, sempre più grave, sembra sfociare in non pochi casi in fallimenti e chiusure. Pertanto, appare indispensabile all'indomani della formazione del nuovo Governo Regionale, affrontare con priorità assoluta i temi della crescita economica e della lotta alla disoccupazione. Certo, si è consapevoli che non tutto dipende dalle forze politiche locali. Molto dipenderà dalle riforme che l'Italia sarà in grado di attuare e dall'evoluzione economica dell'Europa. Tuttavia non si può fare a meno di rilevare quanto sia necessario delineare un percorso strategico sullo sviluppo dell'Abruzzo, il più possibile chiaro e puntuale. La latitanza sui grandi temi non conduce molto lontano. Si corre il rischio di restringere le prospettive occupazionali della regione, mortificando le giuste aspettative delle giovani generazioni. L'Abruzzo ha un deficit di competitività non trascurabile, che va affrontato con urgenza per le pressanti sfide che la concorrenza impone. Innalzare dunque la competitività delle nostre imprese e configurare una politica economica volta a favorire il processo di rafforzamento e di trasformazione del sistema produttivo regionale sono obiettivi non più prorogabili.