ROMA «Al lavoro a Palazzo Chigi sul dossier che presenteremo il 12 marzo. #lavoltabuona #buongiorno». Sono da poco passate le sette del mattino, quando Matteo Renzi lancia il suo primo tweet. Un countdown forsennato. Entro cinque giorni il premier vuole varare il taglio del cuneo fiscale «a due cifre»: 10 miliardi. E più tempo passa, più prende forza l’idea di sforbiciare soprattutto l’Irap, in modo da aiutare le piccole e medie imprese e dare una spinta all’occupazione. Non è però escluso un intervento bilanciato che porti anche a una riduzione dell’Irpef, per favorire i redditi medi e bassi e spingere i consumi. «Tanto più che le imprese», sostiene una fonte autorevole, «verrebbero supportate con il pagamento dei crediti vantati presso la Pubblica amministrazione».
IL LAVORO
Nel piano di Renzi sta acquisendo forma anche l’intervento a favore dei giovani. Con incentivi alle aziende che li assumono. Con il contratto di inserimento a garanzie crescenti per i primi tre anni. E con la “garanzia giovani”: l’impegno di offrire un’opportunità di lavoro, attraverso stage e tirocini, agli under 25 entro quattro mesi dal termine del ciclo scolastico o universitario. Con un problema: il Tesoro è a caccia di un altro mezzo miliardo da affiancare al co-finanziamento europeo.
Ma c’è anche il fronte con Bruxelles. A metà mattina il premier ha aperto la riunione di governo illustrando, per la prima volta, la strategia con cui ottenere «maggiore flessibilità» e «una vera spinta per la crescita e l’occupazione», quando il 20 e il 21 marzo tornerà a riunirsi il Consiglio europeo. «La questione è complessa. Gli ultimi report dimostrano che ci guardano con diffidenza e sospetto», ha detto Renzi ai ministri. «Ma noi dobbiamo riuscire a far cambiare verso anche all’Europa. Tra due settimane arriveremo al Consiglio con le carte in regola, in modo da poter ottenere maggiori margini di manovra, grazie ai quali intervenire sul fronte della crescita e dell’occupazione». Ancora più chiaro: «Dobbiamo fare vedere all’Europa che facciamo le riforme e le facciamo bene. Con la massima urgenza. Solo così potremo ottenere un atteggiamento più flessibile». Poi, lanciando un appello ai ministri: «Dobbiamo fare proposte diverse e innovative. Sforzatevi, fatevi venire delle idee!».
Renzi ha anche accennato alla necessità di «trovare sponde». Di individuare «qualche alleato» con cui dare insieme battaglia al tavolo europeo tra 15 giorni. L’obiettivo, almeno per il momento, non è mettere in discussione i parametri (come il tetto del 3 per cento tra deficit e Pil). Ma incassare «più tempo» per il pareggio strutturale di bilancio e più «flessibilità» nell’applicazione delle altre regole del Patto di stabilità, allo scopo di scovare dai 6 agli 8 miliardi in più. Il tutto, in cambio del varo mercoledì prossimo della riforma del mercato del lavoro (jobs act), del taglio del cuneo fiscale e del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione.
I NODI
L’operazione non è facile, come dimostrano le bacchettate che piovono dalla Commissione europea e perfino dalla Bce di Draghi. Ed è un particolare, quest’ultimo, che allarma ancora di più dell’avvertimento lanciato mercoledì da Bruxelles per gli «squilibri eccessivi». «È come se ci guardassero non diffidenza e questo non è certo un bel modo per cominciare», dice un collaboratore del premier. Se spunta la sindrome dell’assedio («mi attaccano e non capisco perché», ha confidato Renzi, che deve fare i conti anche con il primo calo nei sondaggi), sembra invece tramontare la polemica contro Enrico Letta. «Nessuno pensa che il precedente governo abbia falsificato i conti», spiegano a palazzo Chigi, «ma lo scenario che ci avevano prospettato era decisamente migliore».