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Data: 11/03/2014
Testata giornalistica: Il Tempo
La crisi dell'Atac - Dal debito alle bufere giudiziarie, «l’agonia» dell’azienda dei trasporti

Atac croce e delizia capitolina, da possibile fiore all’occhiello a calderone di scandali, debiti, assunzioni di massa e disservizi. E un debito che dalle ultime stime supera 1,6 miliardi di euro. Più la mobilità pubblica va in sofferenza e più le scrivanie si moltiplicano, mentre sulla strada autisti e macchinisti, in forte sottonumero, fanno i salti mortali per mantenere presentabile il servizio. Così il blocco delle assunzioni ordinato dal sindaco Marino finisce per rappresentare una beffa proprio per la base, mentre alcuni dirigenti «quotati» già pregustano la proroga del contratto. Dentro e fuori l’azienda, c’è chi parla di «complotto» per una privatizzazione sempre negata con forza e decisione dall’amministrazione comunale.

Comunque la si pensi, è fuori dubbio che così non si può andare avanti. La Procura di Roma, ad esempio, avrebbe diversi fascicoli aperti che, in qualche modo, interessano la municipalizzata dei trasporti. C’è, tra gli altri, il tema giudiziario dell’anno (che dell’anno non è, in realtà) relativo alla clonazione dei ticket, dove l’azienda è parte lesa, pur essendo contenitore di mele marce: una vera e propria «banda» di falsari, interni all’azienda, che avrebbero lucrato mettendo in commercio biglietti farlocchi grazie ai quali avrebbero intascato milioni e milioni di euro. Il Campidoglio ha anche varato una commissione d’inchiesta, che per ora sta indagando, al momento collezionando gettoni ma senza grossi risultati. Una parola, poi, continua a riecheggiare nella testa di chi cerca associazioni semplici con il nome Atac: il termine è «parentopoli». Mogli, figli, cognati, ex cubiste e collaboratori politici imbarcati sullo sconquassato autobus municipale durante la passata amministrazione: 85 assunti, coinvolte nelle indagini una cinquantina di persone fra ex dirigenti e politici di centrodestra (ma non solo). Scandali che logorano soprattutto le casse aziendali e, quindi, il servizio. Bus a cui non reggono i freni e finiscono nei cortili o addosso alle macchine parcheggiate, servizi di pulizia improvvisamente sospesi e stazioni metro che si trasformano in vere e proprie discariche, autisti che scioperano quasi tutte le settimane logorati da turni che, per le ferrovie concesse, raggiungono anche le 10-12 ore di lavoro, a cui si aggiungono le beffe delle lettere di richiamo per rinunce «improvvise» agli straordinari. Sulla Roma-Giardinetti, ad esempio, treni varati ai tempi del Regno portano ancora migliaia di passeggeri al giorno, salvo poi ogni tanto finire per scontrarsi; quasi inutile, in tale contesto, ricordare le rotture quasi giornaliere sulle due linee della metropolitana. «Se si continua a sparare sulla croce rossa, qualcuno finirà per pensare che sia meglio vendere», afferma qualcuno all’interno dell’azienda, ma è anche vero che il dimagrimento stenta a partire, così come la lotta all’evasione al momento non va oltre i 77 controlli ad oggi in servizio, che coprono solo una parte della giornata (la meno affollata, tra l’altro).

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