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Data: 24/03/2014
Testata giornalistica: La Repubblica
Moretti, dal 2006 alla guida delle Fs, tra licenziamenti e contributi di Stato. Sotto la sua gestione sono usciti dal gruppo 22mila lavoratori. Nel 2008 ha riportato in utile le Fs, che tuttavia continuano a percepire 2 miliardi di euro l'anno di contributi in conto economico, senza contare gli investimenti

MILANO - Non ha certo uno stipendio come quello di Paolo Scaroni di 6,4 milioni di euro, ma la busta paga di Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, ha un certo peso se confrontata con lo stipendio dei suoi dipendenti. Nel 2012 la retribuzione unitaria media dei lavoratori delle Fs è stata di 38.500 euro contro gli 850mila euro percepiti dal loro grande capo.

Lo chiamano “Cesare” ed è da sempre all’interno delle Fs, fin dal 1978, quando dopo la laurea in ingegneria elettrotecnica a Bologna, è entrato nel gruppo come funzionario all’ufficio impianti elettrici del capoluogo emiliano. Il primo salto è avvenuto nell’86 con la nomina a dirigente, poi pian piano di nomina in nomina, è diventato il numero uno dell’intero gruppo nel 2006.

Lui, Moretti, ex sindacalista della Cgil, si attribuisce il merito di aver risanato le Ferrovie passate sotto la sua gestione da un rosso di 2,1 miliardi del 2006 a un utile di 16 milioni di euro già nel 2008, l’anno del lancio del servizio Freccia Rossa. Il “risanamento”, secondo le comunicazioni aziendali di allora, è arrivato grazie a un netto taglio del personale (4,4mila posti tra il 2006 e il 2007) e a un rincaro medio delle tariffe del 7%. Eppure è difficile parlare di risanamento per un gruppo che ancora oggi percepisce oltre due miliardi di euro - su otto di ricavi - dallo Stato per garantire il servizio universale e i cui investimenti sono di gran lunga spesati dal
Tesoro: nel 2012 su 3,8 miliardi di investimenti ben 2,4 sono stati contributi governativi. Nel 2011, erano addirittura 3,5 miliardi di euro.

La salute del gruppo è legata da un cordone ombelicale allo Stato e non è certamente esaltante, in quanto ha un debito netto di 9 miliardi di euro, superiore addirittura all’intero fatturato. La stessa Corte dei Conti ha segnalato la criticità. Di fatto comunque guidare le Ferrovie, in assenza di veri e propri concorrenti (Italo è già in grande affanno con un rosso da 76 milioni e un debito di quasi 700 milioni) è come guidare una azienda su binari ben consolidati: i risultati sono più legati ai trasferimenti pubblici che alle abilità dei singoli manager, il cui impegno deve andare soprattutto nella riduzione dei costi. Il più grande merito dell’ex sindacalista Moretti è stata, infatti, la riduzione del personale: dal 2006 a oggi i dipendenti sono scesi da 98mila a 72mila.

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