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Pescara, 24/11/2024
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Data: 24/03/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Intervista a Raffaele Bonanni - «Basta giochi, il problema è con Camusso noi siamo pronti a sostenere le riforme»

ROMA «Ora Renzi sta esagerando. Basta con i riferimenti generici. Camusso non è il capo dei sindacati e se il premier ha un problema con la Cgil deve risolverlo con lei». Insomma, Renzi deve «comportarsi da presidente del Consiglio, non da chi sta ancora scalando il Pd. Dunque «lo sfidiamo sulle riforme per sostenerlo». Il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni non ci sta a perdere tempo con «strani e preoccupanti equivoci». Anzi peggio con «insopportabili giochetti».
Come si sente la Cisl tra un leader della Fiom, descritto come un esempio di trasparenza dal premier, e la strana coppia critica Squinzi-Camusso?
«Chiariamo subito una cosa. La Cisl pubblica on-line bilanci puntualmente certificati già dal 2002. C’è una bella differenza con la Fiom di Landini che lo ha pubblicato per la prima volta solo quest’anno. Detto questo, mi chiedo: come mai Renzi si occupa tanto di questo e non parla dei problemi seri di altre associazioni, dei comuni o per esempio delle municipalizzate? Quanto al resto, Camusso non è il capo dei sindacati. Sono veramente preoccupato che dietro certi attacchi generici ci siano giochetti di paese che non si possono sopportare».
Cosa intende?
«Se c’è attrito con Camusso, che lui ritiene essere principale espressione del gruppo dei suoi oppositori, non capisco perchè debba coinvolgere anche altri. Tra l’altro mandando nello stesso tempo segnali rassicuranti ad un’altra parte del suo popolo, la Fiom, tutt’altro che riformista, il campione del conservatorismo. Questi tatticismi non sono edificanti per un presidente del Consiglio».
Rivendicate la vostra diversità, quindi?
«Lo ripeto, Camusso non è il capo dei sindacati, è il segretario della Cgil. Ma constato che Renzi, per essere il capo di un partito riformista, ha un’idea piuttosto inusuale del ruolo delle associazioni e della società civile. E noi siamo per la riforma dell’Italia. Ci siamo battuti per questo anche a costo di farci sporcare e bruciare le sedi. Anche a costo della nostra incolumità personale. Quindi siamo diversi da soggetti che le riforme le hanno solo ritardate. Chiediamo al presidente del Consiglio di invitarci con furore a sostenere le riforme, lasciando perdere contrapposizioni equivoche che possono solo portare a un gioco tattico a somma zero. Anzi di questi tempi a somma negativa. Il rischio è che finisca per comportarsi come altri che alla fine hanno fatto solo disastri».
Entriamo nel merito delle riforme sul tavolo. Vanno nella direzione giusta per voi?
«Per la verità sono questioni poste ancora in maniera un po’ generica, ma si muovono sulla falsariga delle proposte che noi stessi avanziamo da tempo. Le stesse proposte per le quali siamo stati perseguitati. A partire dai cambiamenti nelle relazioni industriali».
Anche l’approccio con l’Europa è quello giusto?
«Certamente facciamo bene a chiedere più indulgenza all’Europa. Ma la vera battaglia è in Italia, dove c’è uno scontro forte tra «la rendita» e chi produce. È lì che dobbiamo agire. Per esempio, a proposito di Titolo V, spero che si affronti la situazione delle regioni, fatte di mille staterelli. Vanno smantellate tante baracche e baracchini costruiti solo per il ceto politico. Da parte loro, i comuni andrebbero consorziati, e le municipalizzate riorganizzate a livello regionale. Solo con queste mosse si risparmierebbero fiumi di denaro».
Siete pronti quindi a parlare anche di riorganizzazione del personale?
«Certo. Faremo la nostra parte per la ricollocazione migliore dei dipendenti. Ma un altro nodo sul quale punteremo i riflettori è la valorizzazione del demanio pubblico. Tenendo conto che la destinazione d’uso può aiutare molto la vendita».
Come vede la licenziabilità dei dirigenti pubblici?
«Questo meccanismo esiste già nel privato. Ma bisogna stare molto attenti: non vorrei che questa sia la via per alimentare uno strano spoil system. Insomma che non si finisca per incrementare il deposito dei pegni della politica».
Che ne pensa del caso Moretti?
«Moretti è un manager stimabile e capace. Ma è singolare i manager italiani prendano di più di quelli europei, mentre l’Italia è la cenerentola d’Europa».
Sull’Irpef, invece, promozione piena per Renzi?
«Certo, gli abbiamo tirato la volata. Ma ora deve pensare ai pensionati poveri».

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