PESCARA «Ma avete deciso di perdere?». L’sms arriva sul telefonino di un parlamentare e documenta l’ironia dei colleghi di altre regioni dopo la pubblicità regresso per l’Abruzzo diffusa durante la prima intervista ufficiale di Luigi De Fanis all’Arena di Giletti. Dal contratto sessuale per gioco al contenuto negato delle registrazioni: l’ex assessore ha provato a difendersi da una serie di accuse imbarazzanti per oltre un’ora in piena domenica sulla ammiraglia delle reti generaliste. Ieri si è parlato ancora molto della vicenda, Chiodi ha risposto a De Fanis che non ha voluto parlargli proprio perchè c’erano delle misure restrittive in corso «lo farò quanto prima e comunque non sarà la fine del mondo». Chiodi ha anche detto che non «è ancora entrato in campagna elettorale, penso a fare il presidente finchè avrò tempo». Il problema del centrodestra non è solo la bufera mediatica sull’inchiesta Vate, su Rimborsopoli o il Sexgate. Ormai quella pare garantita, per altri motivi, anche per l’avversario D’Alfonso e la questione della sua candidabilità.
Il punto, piuttosto, è che la situazione rischia di precipitare per una mera questione di interessi personali. Il prolungarsi del caso Pescara, infatti, con l’ipotesi marziana di tre (due?) concorrenti all’interno del centrodestra rischia di abbattersi anche sugli assetti regionali. La coalizione è apparentemente salda ma le prossime curve diranno la verità sulla stabilità reale: circola infatti con molta insistenza negli ambienti del Consiglio l’ipotesi di un effetto domino a livello regionale. Si era già visto in occasione delle Politiche di febbraio 2013 ma lì era solo la ricerca di un posto al sole. Chiodi sbandiera il fantasma della sconfitta: «Quando si è corso separati, abbiamo sempre perso. Uniti abbiamo sempre vinto». Basterà?