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Data: 25/03/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Il ministro alle parti sociali «Niente concertazione». Poletti a sindacati e imprese «dialogo ma il governo alla fine deciderà»

ROMA Dal ministro Poletti arriva un no alla concertazione e un segnale muscolare al Parlamento. Il titolare del Lavoro concorda con il premier Renzi che «la concertazione non esiste», preferendo al suo posto un semplice «dialogo ma alla fine il governo decide, si prende le sue responsabilità e i cittadini lo giudicano per quello che fa». Anche al Parlamento dice che il governo «dialogherà» ma «se qualcuno pensa di stravolgere quello che abbiamo fatto, ci opporremo con tutte le forze». Prima con Renzi e ora con Poletti il governo sceglie la strada se non dello scontro aperto, certo del mancato coinvolgimento delle forze sociali. In particolare con Cgil e Confindustria i rapporti stanno toccando livelli minimi al punto che, nello stesso Pd, cominciano a levarsi voci critiche. Ad esempio quella del presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano - un passato da sindacalista e da ministro - che esaminerà il decreto sul lavoro «guardando alle parti positive e alle parti che possono avere delle criticità». O di Vasco Errani, presidente della Regione Emilia-Romagna che ritiene come «il dialogo con le parti sociali, sulla base di un progetto, non di compromessi al ribasso sia un valore strategico». O della parlamentare Simone che parla di affermazioni di Poletti come «gravi e mal poste». Una cosa è la concertazione, che tiene conto delle varie posizioni e degli interessi in campo. Altro è dialogo che può diventare un mero fatto formale o di galateo istituzionale, dunque del tutto ininfluente. Poletti tira dritto: «La cosa che deve essere chiara è che quando è l’ora di decidere io il ministro, e quindi il governo, decide e viene giudicato dai cittadini». Alle critiche di Susanna Camusso al dl lavoro, il ministro risponde chiedendo ai sindacati di «partecipare al cambiamento» ribadendo che bisognerebbe rafforzare i contratti aziendali. Il nodo è la rappresentanza. Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria replica chiedendo che «il cambiamento sia di sostanza e non solo di forma», cioè solo anagrafico. Non basta certo la rapidità ma anche «risposte concrete». La contrapposizione «che sta montando in questo momento è essenzialmente mediatica e non corrisponde alla nostra visione: posso garantire fin d’ora che saremo i sostenitori più leali del governo in attesa delle riforme e di vederle applicate». In quel caso il governo «troverà in noi i sostenitori più leali e decisi perché questo paese ha bisogno di riforme per ritrovare la crescita».

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