ROMA Può anche accadere che il personaggio diventi più importante dell’avvenimento. E’ il caso di Mauro Moretti, amministratore delegato delle Fs, che riesce a offuscare il pur ambizioso piano industriale delle Fs: 873.000 euro l’anno, lo stipendio annuale del top manager, contro i 24 miliardi di investimenti pianificati dal gruppo fino a tutto il 2017 a fronte di bilanci che sotto la sua guida hanno finalmente chiuso in utile. Dopo la minaccia di abbandonare l’azienda, causa possibile nuovo taglio della retribuzione, Moretti non recede di un millimetro. Anche se apre al premier Renzi: «Aspetterò la sua proposta, farò la mia valutazione, ma sicuramente saprà convincermi. Io sono italianissimo e in Italia vorrei continuare a lavorare». Proprio ieri, l’amministratore delegato di Deutsche Bahn, che era stato citato da Moretti come termine di paragone, ha deciso di rinunciare ad un aumento che sarebbe scattato dal 2014.
COMPENSO DIMEZZATO
Milano, sede dell’Assolombarda. L’occasione per puntualizzare e per togliersi qualche sasso dalle scarpe è ghiotta. E l’amministratore delegato di Fs non è uomo da non approfittarne. «Chi mi ha preceduto guadagnava 1,6 milioni, io ho subito solo tagli: da 1,6 milioni fino agli attuali 800.000 euro. Noi delle Fs non temiamo di essere misurati sui risultati, anzi lo chiediamo. Così come chiediamo che sui risultati siano misurati tutti, perché sulle chiacchiere non si misura nessuno. Se c’è un’alternativa migliore, ben venga». E i risultati parlano chiaro, fa rilevare il top manager: «Dal 2006 abbiamo fatto un drammatico risanamento, altrimenti saremmo falliti, come è accaduto per altri gruppi di terra, di mare e di cielo». Quanto al mestiere del ferroviere, «è uno di più duri che si possano affrontare, non stiamo certo a poltrire negli uffici. La nostra è una storia di fatica, non di giochetti per prendere mezzo minuto di share in tv. Nel 2006 nessuno voleva fare l’ad delle Ferrovie, lo si ricordi». Quanto a Renzi, «dovremmo sostenerlo perché la sfida che viene dall’estero è potente e il Paese, se non si trova unito, rischia di soccombere». Fine delle polemiche.
Si passa alla descrizione del piano industriale quadriennale. Ben 24 miliardi per sostenerlo, di cui 8,5 autofinanziati. Di questi, 6,4 sono destinati a treni e tecnologie a servizio del business e 1,7 al potenziamento delle rete ad alta velocità. Tre miliardi sono destinati al trasporto pubblico locale attraverso l’acquisto di 200 treni e la ristrutturazione completa di altri 235. «I primi Etr 1000 saranno in servizio per l’Expo - ha precisato Moretti - gli Etr saranno complessivamente 50 e avranno una velocità commerciale di 350 chilometri orari, a fronte dei 300 raggiunti oggi dai Frecciarossa».
Circa 15 miliardi sono destinati al mantenimento degli standard di sicurezza e al potenziamento delle rete convenzionale con significativi interventi sulle infrastrutture metropolitane, sul trasporto locale e sui corridoi europei, con particolare riguardo al Sud Italia (Napoli-Bari e Salerno-Reggio Calabria). Ma attenzione, si tratta di miliardi, circa un terzo dell’intero investimento triennale, «subordinati alle decisioni che il governo assumerà nei prossimi anni in base alle risorse disponibili e alle priorità degli interventi da realizzare». Previsto anche incisivo sviluppo sui mercati esteri, in particolare da parte delle collegate tedesche (Netinera e Tx Logistik) e di quelle dell’ingegneria e certificazione (Italfer e Italcertifer). Il piano punta, secondo l’amministratore delegato, a inanellare il sesto bilancio positivo consecutivo. «E il fatturato crescerà ancora nel 2017 fino a 9,5 miliardi». Parola di Mauro Moretti.