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Data: 26/03/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Province, maggioranza salva per 4 voti. Renzi: «Se passa la riforma, stop indennità per 3mila politici». I 5 Stelle: «Aboliamo quella parola dalla Costituzione»

ROMA Sulle Province, il governo rischia di andare a sbattere contro il muro dell’opposizione. Tutto accade al Senato, dove ieri la maggioranza è stato battuto per due volte in Commissione su un emendamento che restituisce alle Province le competenze sull’edilizia scolastica, e su un emendamento del relatore che fissava un tetto agli stipendi dei presidenti delle Province. Ma non solo. Una volta giunto in aula, il provvedimento si è salvato per soli 4 voti. La pregiudiziale di costituzionalità presentata dal Movimento 5 Stelle è stata infatti respinta con 115 no e 112 sì (c’è stata un’astensione che a Palazzo Madama vale come voto contrario). Alla fine, Renzi (che nella prima fiducia chiesta al Senato ottenne 169 sì) è stato salvato dalla provvidenziale assenza di 17 senatori di Forza Italia, ma anche e soprattutto dal voto di Pier Ferdinando Casini e di Maria Paola Merloni che hanno detto no alla pregiudiziale dei 5 Stelle ed hanno spaccato il loro partito (Per l’Italia). In mattinata, infatti, era stato Mario Mauro a dare un dispiacere a Renzi. L’ex ministro centrista ha infatti affermato che la sua assenza (che ha mandato sotto il governo) è stata “politica” e determinata dalla necessità di esprimere il proprio dissenso sull’impianto del disegno di legge Delrio sul quale pendono 3mila emendamenti e che oggi dovrà passare la prova del voto nell’aula del Senato. Quel che è certo è che quello di ieri è stato un segnale non proprio positivo, anche se prevedibile, per il treno delle riforme. Un treno sul quale Renzi punta tutte le sue carte. «Se domani (oggi ndr) passa la nostra proposta sulle Province, tremila politici smetteranno di ricevere una indennità dagli italiani. La volta Buona» scrive il premier su Twitter. Ma, al di là dell’ottimismo obbligato, resta il fatto che sulla riforma del lavoro e su quella per il superamento del Senato, le riforme alle quali il premier ha legato la sua permanenza a Palazzo Chigi, il governo rischia di andare a sbattere. «Oggi abbiamo perso la straordinaria occasione di bloccare una volta per tutte il disegno di legge Delrio a causa dell’assenza di alcuni colleghi», sbotta il capogruppo di Forza Italia al Senato, Paolo Romani, che striglia i suoi con un sms nel quale ricorda che è in gioco il ruolo dell’opposizione: «Il governo ha ottenuto solo tre voti in più dell’opposizione...». Velenoso, il commento di Renato Brunetta: «Questo governo è fresco di slides ma puzza già di cimitero». L’aula del Senato oggi discuterà e voterà anche la proposta di adottare la procedura d’urgenza per il disegno di legge costituzionale sull’abolizione delle Province presentato dal Movimento 5 Stelle. Maggioranza e opposizione avrebbero infatti raggiunto ieri un’intesa bipartisan sull’opportunità di legare il disegno di legge Delrio a un ddl costituzionale (il cui iter è molto più lungo perché è richiesta una doppia lettura da parte delle due Camere) che cancelli la parola “Provincia” dalla Costituzione. La riforma costituzionale dovrebbe camminare autonomamente rispetto a quella del Titolo V e del bicameralismo, annunciata più volte dalla maggioranza.

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