Renzi: «Avanti fino in fondo. Se salta riforma di Palazzo Madama vado a casa». Sì del Senato alla fiducia
ROMA Matteo Renzi si aggiudica un altro round e tira dritto. La fiducia posta dal governo sul contestato disegno di legge che rivisita i compiti delle Province in vista del loro superamento e che ora passa alla Camera per la definitiva approvazione è infatti passata al Senato con 160 sì e 133 no. Un risultato non scontato se si tiene conto che solo due giorni fa la maggioranza è stata battuta per due volte in commissione e si è salvata per soli 4 voti quando l’aula ha votato la pregiudiziale di costituzionalità presentata dai 5 Stelle. Il via libera al maxiemendamento è avvenuto in un clima tesissimo. Il provvedimento che porta la firma di Graziano Delrio, si è trasformato in una prova della tenuta di governo. E le defezioni non sono mancate. Non tutti i senatori del gruppo Per l’Italia hanno infatti votato sì. Maurizio Rossi ha votato no mentre Tito Di Maggio è uscito dall’aula. Il malcontento ha riguardato un po’ tutti i partiti. Per questo il governo ha deciso di blindare il provvedimento. Poi tutto è filato liscio. La giornata comincia con un secco aut aut di Renzi, che sulle riforme si gioca una grossa fetta della sua credibilità e non può permettersi di perdere la faccia. «Se il Senato non viene superato e si finisce con la storia del bicameralismo, se il Senato non va a casa, smetto io di fare politica». Il messaggio che parte da Scalea, dove ha incontrato ieri un gruppo di studenti, è diretto a tutti quei partiti che si preparano a dare battaglia quando il Senato sarà chiamato a riformare se stesso. Nel frattempo Renzi prova a stringere i bulloni della sua maggioranza e insiste sulla necessità di tagliare i costi della politica. «Con il disegno di legge sulle Province, dalle elezioni del 25 maggio, tremila persone smetteranno di avere un’indennità e proveranno l’ebbrezza di tornare al proprio lavoro...» sibila il premier per il quale il via libera al superamento delle Province e alla nascita delle Città Metropolitane è la «premessa» per dare «speranza e fiducia» ai cittadini che tra poco si vedranno «restituire» gli 80 euro promessi. Renzi insiste sul taglio ai costi della politica. «Vogliamo il ddl sulle Province, il superamento del Senato e il tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici. E su questo, piaccia o non piaccia, vogliamo andare fino in fondo. È un modo per fare la pace con gli italiani». «Un grande passo - aggiunge Delrio - per un Paese più semplice e capace di dare risposte alle famiglie, ai lavoratori e alle imprese». Il disegno di legge Delrio, che non cancella le amministrazioni provinciali ma le svuota di competenze, prevede che i presidenti delle Province e le giunte provinciali restino in carica «a titolo gratuito» fino al 31 dicembre 2014. I consigli provinciali vengono trasformati in Assemblee dei sindaci (ai quali rimane solo lo stipendio da primo cittadino) mentre i presidenti di Provincia non saranno più eletti dai cittadini, ma indicati all’interno di una assemblea formata dai sindaci dei Comuni del territorio di riferimento. Le competenze provinciali vengono trasferite a Regioni e Comuni, ad eccezione dell’edilizia scolastica, della pianificazione dei trasporti e della tutela dell’ambiente. I nuovi enti provinciali prenderanno vita dal primo gennaio 2015. Fino ad allora le Province saranno rette da commissari. Napoli, Milano, Torino, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Venezia e Reggio Calabria diventano Città Metropolitane. A queste va aggiunta Roma mentre in futuro ci saranno anche Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste. Le Città Metropolitane sono un nuovo ente che va a sostituire le Province e saranno guidate da un sindaco metropolitano che, a differenza dei presidenti delle «nuove province», potrà anche essere eletto ma solo «previa» istituzione di una apposita legge. Altrimenti, il sindaco metropolitano coinciderà con il sindaco della principale città e non percepirà indennità aggiuntive per l’ulteriore incarico. Altri organi saranno il Consiglio metropolitano, indicato dal sindaco, e la Conferenza metropolitana.