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Data: 27/03/2014
Testata giornalistica: Il Centro
La Regione così non funziona. Servirebbe una rivoluzione di Marcello Russo (*)

Le prossime scadenze elettorali sembrano connotate da interrogativi radicali: servono ancora le Regioni o sono costose palle al piede? L'Unione Europea e la moneta unica ci avvantaggiano o asservono i nostri interessi a quelli egemonici della Germania? Su ambedue i problemi il confronto è serrato, è difficile però percepire posizioni chiare. Limitando qualche riflessione alla Regione Abruzzo una osservazione attenta può consentire di formulare l'ipotesi che ormai costa enormemente più di quanto non renda alla collettività. Ha probabilmente il merito di avere i conti in ordine ma un bilancio consolidato con società partecipate ed enti vari (consorzi industriali e acquedottistici ad esempio) darebbe risultati ben diversi. Comunque il bilancio costi/rendimento appare assolutamente negativo e tale da imporre radicali innovazioni. Questa discrasia fra ciò che è divenuta e ciò che potrebbe essere la Regione si può spiegare con la radicale trasformazione della nostra società. Infatti, anche su pressione comunitaria, lo Stato italiano è costretto ad accollarsi enormi spese per obblighi non produttivi verso inabili, minori, anziani, cassaintegrati, immigrati, detenuti, impiegati di Enti inutili. Siete molto attenti e sensibili a quanto accade intorno a voi. Potrete contare su una certa grinta, grazie alla quale riuscirete a prendere in mano una vecchia situazione.Il tutto a carico del decrescente numero dei produttori di reddito ancora "emersi": i costi per i soggetti - volontariamente o di necessità - improduttivi sovrastano quanto possono conferire i soggetti produttivi, raggiungibili dal sistema fiscale. Basta pensare alle missioni militari di pace, l'accoglienza degli immigrati e il sistema penitenziario inadeguato e disumano tale da richiedere una rapida trasformazione con dei costi miliardari. Si tratta di stabilire se ciò va fatto a carico dei contribuenti - vittime di reati comprese - o dei detenuti mediante impegno in lavori realmente utili. (che non riguardano le anagrafi dei Comuni o le aiuole dei giardinetti, ma - eventualmente - le migliaia di ettari di terreni incolti delle Regioni). Si può così accedere, attraverso un tema concreto, al ruolo delle Regioni. Le Regioni furono concepite nella considerazione delle diverse realtà territoriali naturali, strutturali e sociali delle grandi aree nelle quali è suddiviso lo Stato unitario. Le diversità non consentivano allora e non consentono ancora una programmazione unica nazionale sicchè il compito fondamentale delle Regioni era (e resta) quello di programmare a misura della realtà di ciascuna, legiferare in coerenza con la programmazione, attuare programmi e norme aderenti alla realtà propria, controllare sulla corretta attuazione: quattro funzioni che giustificano l'esistenza dei complessi e costosi apparati regionali. Una analisi puntuale dell'evoluzione - involuzione dell'istituto regionale in Abruzzo (come in altre Regioni) - renderebbe di chiara evidenza la situazione di inutilità attuale e di potenzialità immediate. Sulla carta i poteri sono enormi, in realtà un accurato esame della grande incidenza della normativa comunitaria ma soprattutto dell'attività contradittoria di "Governi" e "Parlamenti" evidenzia come i poteri legislativi regionali siano stati di fatto soppressi o ridotti all'irrilevanza. I controlli, sostanzialmente soppressi, sono quasi naturalmente transitati negli Uffici delle Procure. Nel contesto generale il non fare e non far fare è ragione di maggiore sicurezza, di risparmio di spesa, di minore responsabilità per gli addetti agi Uffici. Conseguentemente la Regione Abruzzo non è più quella regolata dallo Statuto del 1971 e da quello del 2007 (che attuavano le norme costituzionali vigenti) ma è quella risultante dall'evoluzione di norme ed azioni convulse, contradittorie, paralizzanti, vincolistiche, impeditive. È facile intendere che, per chiudere ospedali inutili, vincolare gran parte del territorio a Parco pubblico, creare piste ciclabili, fare norme sul nudismo turistico, distribuire fondi europei e fare altre attività burocratiche di "routine", basterebbero Uffici statali decentrati. Non occorrerebbe migliaia dei impiegati regionali e para - regionali. Una effettiva riscoperta del ruolo fondamentale della Regione consentirebbe di programmare su vasta scala e nei particolari il riequilibrio del territorio (oggi in parte troppo edificato e in parte abbandonato), di rimettere a coltura centinaia di ettari di terreno incolti e abbandonati, di realizzare interventi tali da rendere convenienti investimenti imprenditoriali e da consentire incontri fra fattori della produzione, di stabilire realistici ed equilibrati criteri di uso delle risorse energetiche. Insomma di attuare i compiti indicati negli articoli 117 e 118 della Costituzione rinunciando alle impossibili funzioni attribuite dalle improvvide modifiche "federaliste" del titolo V° (rapporti internazionali e coll'Unione Europea, commercio coll'estero, tutela e sicurezza del lavoro, professioni, ordinamento sportivo ecc.) In questo quadro si imporrebbe una autentica rivoluzione del sistema degli Uffici di Regione ed Enti locali per esercitare davvero programmazione, normativa veramente incisiva, attuazione efficace, monitoraggi e controlli inseriti nel contesto innovativo delle Autonomie locali. Una Regione che ha enormi risorse potenziali e gravissimi squilibri sociali e finanziari non può raccontare di avere i conti in regole o promettere camionate di profumi e balocchi. Deve programmare, regolare, attuare, controllare mettendo a frutto risorse umane e naturali. Così fare politica potrebbe tornare ad essere un onore e un piacere.

(*) Avvocato Marcello Russo

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