BUSSI L’ha bevuta mezzo Abruzzo. In settecentomila, scuole e ospedali compresi, secondo la relazione dell’Istituto superiore di sanità che ha analizzato per l’Avvocatura dello Stato le acque contaminate dalla mega discarica di rifiuti tossici di Bussi. Settecentomila ignari consumatori, di Chieti, Pescara e dintorni, che fino al 2007 avevano bevuto l’acqua avvelenata dai rifiuti di un secolo di chimica pesante delle Officine di Bussi. Per scoprirlo avevano dovuto aspettare, sette anni fa, gli scavi della Forestale tra la stazione di Bussi e il Pescara e oltre il polo chimico che portarono alla luce il disastro ambientale. E le conseguenze sull’acquedotto del Giardino che a Bussi intercettava i veleni sotterrati per decenni dentro e intorno al polo. Oggi l’acqua che esce dai rubinetti di Chieti, Pescara e dintorni è una delle più sicure. I pozzi di Castiglione a Casauria, dopo il fallimentare esperimento dei filtri al carbonio, sono chiusi per sempre. E in soccorso del Giardino c’è l'acqua pura del Tirino, che viene captata a monte della fabbrica e delle discariche e convogliato in una nuova rete.
Ma la relazione dell’Istituto superiore della sanità, settanta pagine di dati, peraltro dichiaratamente sottostimati in quanto basati su limitati elementi informativi, inserite negli atti del processo in corso in Corte d’assise a Chieti, getta una luce ancora più inquietante su una vicenda dai molti lati oscuri e, poche certezze. Su come siano andate le cose il gruppo di lavoro che ha redatto la relazione, però, non ha il minimo dubbio. «I fenomeni di rilascio incontrollato di sostanze tossiche accertati nei siti ed in particolare nelle acque da destinare e destinate al consumo umano - si legge nella relazione - presentano incontrovertibili elementi oggettivi coerenti e convergenti nel configurare un pericolo significativo e continuato per la salute della popolazione esposta agli inquinanti attraverso il consumo e l’utilizzo delle acque nei territori di interesse».
E c’è un aspetto che aggrava la condotta di quanti, a vario titolo, avrebbero dovuto tutelare la salute dei cittadini: «Non c’è stata alcuna informazione rispetto ai potenziali rischi per la salute associati al consumo di tali acque, precludendo ai consumatori anche la possibilità di adottare misure specifiche di prevenzione e mitigazione di tali rischi». Dire noi l’avevamo detto per Augusto De Santis del Forum abruzzese dei movimenti per l’acqua, che al tempo, con il Wwf sollevò il problema delle analisi dell’acqua dei pozzi Sant’Angelo, sarebbe fin troppo facile. «Il problema non è questo - commenta. Dal 2007, con la realizzazione del nuovo acquedotto non c’è più nessun rischio per l’acqua che esce dai rubinetti. Il problema è che alla foce del Pescara continua ad arrivare esacloretano. Ora le priorità sono la bonifica, i processi e l’indagine epidemiologica». Sull'urgenza della bonifica interviene il deputato di Sel, Gianni Melilla, che in un’interrogazione al Ministro dell’ambiente chiede «quali iniziative intenda assumere stanziando fondi adeguati, qual è lo stato degli interventi sinora seguiti dal commissario Goio».
La relazione dell’Istituto superiore della sanità arriva nel pieno dell’attenzione mediatica sulla discarica abusiva di rifiuti tossici più grande d’Europa. Che continua a riservare sorprese. Tensione alle stelle a Bussi, l’epicentro della bomba ecologica: il sindaco Lagatta ha convocato per il 7 aprile un consiglio comunale straordinario.