ROMA Arriva quasi certamente lunedì prossimo il piano complessivo di Etihad su Alitalia comprensivo di una lettera di intenti condizionata, tra gli altri punti, alla rinegoziazione dei debiti con le banche: sembra che i principali istituti, dopo un iniziale irrigidimento, negli ultimi giorni avrebbero ammorbidito le posizioni. Diversamente, infatti, Etihad non sarebbe disposta a unirsi in un matrimonio a tre: Alitalia, Etihad, Air France. I tempi stringono e se non sorgeranno intoppi, l’obiettivo sarebbe di siglare l’accordo definitivo entro maggio anche se poi l’esecuzione dell’operazione (sottoscrizione dell’aumento di capitale) potrebbe avvenire entro luglio.
Per questo motivo, l’ultimo consiglio di Alitalia di martedì 18, ha deciso di rinviare di 180 giorni l’approvazione del bilancio 2013 (quindi entro il 30 giugno). Più tempo per avere la possibilità di recepire nei conti le osservazioni che saranno concordate con Abu Dhabi. Il nuovo alleato vorrà esprimersi su molte poste. Ecco perché la proposta contenente il nuovo piano industriale e la lettera di intenti non è vincolante, dipende da una serie di variabili, come le passività. In primis i debiti con le banche: sono 714 milioni, dei quali 549 rimodulati al 30 giugno 2015 mentre 165 sono stati concessi a febbraio scorso. Dei 549 milioni, 409 milioni sono per cassa, il resto di firma.
LE RICHIESTE AL GOVERNO
Dopo il colloquio di fine gennaio tra l’ad James Hogan, il cfo James Rigney e i rappresentanti di Intesa Sanpaolo e Unicredit, azionisti rispettivamente con il 20,59 e 12,99% nonché principali creditori, nei giorni scorsi ci sarebbe stata una conference call tra le parti. Gli uomini della finanza sarebbero tornati alla carica sul debito sondando la disponibilità a ristrutturare le esposizioni. E questa volta le due grandi banche avrebbero manifestato apertura. Del resto nei giorni precedenti il consiglio aveva fatto il punto sullo stato del negoziato, alla luce della fine della due diligence. L’amministratore delegato Gabriele Del Torchio che avrebbe incontrato Hogan poco prima, si sarebbe fatto latore delle proposte avanzate da Etihad per definire l’accordo.
Innanzitutto sarebbe venuta alla luce una questione procedurale: come recapitare la proposta di Abu Dhabi. Se dovesse pervenire direttamente da Etihad, in questo caso il consiglio di Alitalia sarebbe obbligato a riunirsi per prenderne atto ed eventualmente rispondere, incanalando, però, il negoziato in un binario troppo formale. Meglio sarebbe invece che fosse Booz & Co, advisor finanziario degli arabi a consegnarla a Citi, consulente di Cai.
Entrando nel merito, poi, alcune delle richieste sarebbero di pertinenza del governo, come una semplificazione legislativa in tema ambientale. Alitalia è costretta a versare circa 40 milioni l’anno alla regione Lazio per i rumori attorno all’area di Fiumicino.
Inoltre gli arabi pretendevano qualcosa di irrealizzabile: una sorte di manleva dello Stato per eventuali accertamenti fiscali su Alitalia nel periodo dal 2010 a oggi. Naturalmente il governo non può sostituirsi all’Agenzia delle Entrate fornendo garanzie su questa materia. In più da parte del vettore di Abu Dhabi sarebbero state anticipate richieste, nell’ambito del contenimento dei costi, in materia occupazione.
Il piano che verrà consegnato la prossima settimana conterrà i dettagli della manovra, anche se appare evidente che i 1.900 esuberi concordati dall’amministratore Del Torchio con i sindacati sono insufficienti. Certamente Etihad ne pretende di più.